I cento anni di “O sole mio”

L’inno alla gioia, made in Naples.  “O sole mio” è il brano napoletano più celebre al mondo tanto che a volte viene eseguito come inno nazionale al posto di “Fratelli d’Italia” come accadde ad Anversa durante i giochi olimpici del 1920. E proprio cent’anni fa, ovvero il 5 febbraio del 1916, Enrico Caruso la incise su disco. Il tenorissimo, tra l’altro, fu il primo cantante a vendere più di un milione di dischi e a comprendere l’importanza dell’allora nascente industria discografica. Ed è incredibile come questa canzone, in un’epoca non ancora dominata dalla Tv e da internet, abbia fatto il giro del mondo diventando popolare grazie solamente ai mandolini e alle chitarre degli emigranti.  I versi di Osole mio sono stati scritti da Giovanni Capurro mentre la musica è di Eduardo Di Capua. La leggenda vuole che la partitura sia nata a Odessa, Ucraina, durante la tournée della famiglia Di Capua, in un momento di profonda malinconia del musicista.  Tra gli ammiratori della canzone c’era anche lo scrittore francese Marcel Proust che ne parla all’interno della sua opera monumentale “La ricerca del tempo perduto”.
Presentata alla Festa di Piedigrotta, O sole mio si classificò seconda dietro “Napule bello”. Oggi quasi più nessuno ricorda la canzone vincitrice ma tutti sanno intonare il ritornello de “O Sole mio”.
Comunque Di Capua e Capurro cedettero i diritti d’autore alla casa editrice Bideri, dietro un modesto compenso di 25 lire.
Inutile dire che morirono poveri ma la loro canzone è diventata patrimonio dell’umanità.

Pierluigi Fiorenza


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