Maddaloni: a 16 anni chiedeva il pizzo per conto del padre. Arrestato

 A 16 anni ha preso in mano la gestione del racket perche’ il padre e’ stato arrestato. G.L., figlio di un capocosca del Casertano, Giuseppe, finito in carcere il 9 dicembre scorso, e’ ora destinatario di una misura cautelare in carcere del gip dei Minori di Napoli. Le indagini dei carabinieri del Nucleo Operativo e Radiomobile della compagnia di Maddaloni lo indicano come responsabile di estorsione e usura in concorso al padre e ad altri appartenenti allo stesso sodalizio criminale, gia’ destinatari di provvedimenti cautelari. L’inchiesta nata nell’aprile 2015, anche attraverso attivita’ tecniche e le dichiarazioni delle vittime, ha consentito di accertare come il ragazzo, dopo la arresto del genitore, abbia rivestito un ruolo attivo per garantire la continuita’ dell’attivita’ illecita; di persona ha provveduto alla riscossione delle rate dai debitori e alle richieste estorsive nei confronti di commercianti e operai nel mirino da tempo dell’organizzazione camorristica.? Ora e’ ospite della comunita’casa Pinardi di Caserta. Il ragazzo dopo l’arresto dello zio e del padre arrestati con l’accusa di essere affiliati a clan di camorra, ad appena 16 anni aveva quindi preso in mano le redini della famiglia proseguendo le attività estorsive ed usuraie.  Lo zio, in particolare, è ritenuto dalla Dda di Napoli il riferimento del clan Belforte di Marcianise nella città di Maddaloni, grosso comune alle porte di Caserta. Come il padre e lo zio, il ragazzo è accusato di estorsione e usura con l’aggravante mafiosa. Dalle indagini coordinate dalla Procura della Repubblica per i minorenni e svolte dai carabinieri di Maddaloni, guidati dal capitano Pasquale Puca, è emerso che l’adolescente, dopo l’arresto del padre, avvenuto nell’aprile 2015 per estorsione all’azienda impegnata nei lavori della fibra ottica, ha continuato a svolgere gli affari di famiglia, in compagnia di altri affiliati, tra cui un altro zio, anch’egli raggiunto dalla misura cautelare dell’obbligo di dimora. Più volte si sarebbe presentato agli imprenditori per chiedere il pizzo o la rata del prestito usuraio, riscuotendo anche somme di danaro. “La mia famiglia è legata ai Belforte, dovete pagare”, diceva alle vittime che, impaurite dai legami di sangue e criminali vantati dal minore, pagavano senza batter ciglio.


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