I legali dell’ex capitano azzurro Fabio Cannavaro hanno segnato, in Cassazione, un punto a favore del dirigente sportivo – che a febbraio è rientrato in Italia dopo aver lasciato la panchina della squadra saudita dell’Al Nassr di Ryad, travolta da dissesto economico – nell’ambito dell’inchiesta avviata dalla Procura di Napoli nel 2014 su una presunta frode fiscale che l’ex difensore, tramite una società fittizia di noleggio motoscafi di lusso, la ‘FD Service’ a lui riconducibile, avrebbe compiuto ai danni dell’erario insieme alla moglie Daniela Arenoso, con l’aiuto di familiari e prestanome. La Suprema Corte, infatti, ha confermato il sequestro di beni di Cannavaro per 654mila euro, come stabilito dalla magistratura napoletana, ma ha annullato con rinvio l’ordinanza cautelare emessa dal riesame di Napoli, il cinque novembre 2014, affinché si rivaluti se, alla luce delle nuove norme che hanno depenalizzato alcuni reati fiscali, una parte delle contestazioni su imposte non pagate mosse a Cannavaro abbia perso rilevanza penale. La questione da approfondire su indicazione della Suprema Corte – sentenza 8668 depositata oggi dalla Terza sezione penale – riguarda lo scorporo di 441.354 euro di imposta Iva che si presume evasa nella dichiarazione del 2010. Non è da escludere che per il ‘Pallone d’Oro’ si apra la strada per vedere tramontare l’accusa di frode fiscale. Secondo i pm, Cannavaro e la moglie usavano le imbarcazioni in dotazione alla ‘FD Service’ a titolo personale e la società serviva solo per aggirare il fisco. I legali dell’ex calciatore invece sostengono che il noleggio era una attività reale e non fittizia dal momento che il ‘parco’ barche era costituito anche da motoscafi dello stesso modello che dimostrerebbero un uso diverso da quello personale. A carico di Cannavaro era stato anche disposto il sequestro diretto della somma di poco più di un milione di euro in denaro, ma la misura non è mai stata eseguita, ricorda il verdetto della Suprema Corte.