Un memoriale di 40 pagine depositato, ieri mattina, e snocciolato in poco più di un’ora dinanzi ai giudici della Corte d’Appello di Salermo. Michele Petrosino D’Auria, figlio del boss Gioacchino ‘spara-spara’ e detenuto in regime di carcere duro, ha spiegato le vicende che lo vedono coinvolto nel processo Linea d’ombra. Ha cercato di chiarire i suoi rapporti con l’ex sindaco Alberico Gambino, ma anche le vicende relative alle pressioni per le assunzioni nel consorzio di Bacino, o quelli relativi alla tenuta Criscuolo, la casa di proprietà comunale affidata al nonno e poi alla mamma per la quale – secondo la Procura – vi sarebbero stati dei favoritismi da parte dell’amministrazione Gambino per evitare l’esproprio ai Petrosino D’Auria. Il pregiudicato paganese ha poi fornito il suo punto di vista in merito alla questione parcheggi ed ha precisato di non conoscere gran parte dei collaboratori di giustizia che hanno testimoniato al processo tra che i Greco perché è il compare di Alfonso Greco.“Ho avuto rapporti di lavoro con tutti i sindaci che aderivano al Consorzio di bacino – ha spiegato Michele Petrosino in videoconferenza – non solo con Gambino. Avevo rapporti con gli amministratori per il mio lavoro di responsabile del cantiere. Non ho mai fatto raccomandazioni a coloro che venivano a chiedere lavoro presso il consorzio, li indirizzavo alla Tempor la società che si occupava di reclutare il personale”. Michele D’Auria Petrosino si è dilungato, poi, sulle campagne elettorali di Alberico Gambino, conosciuto nel 2009 proprio nell’ambito del suo lavoro. “Le uniche riunioni politiche a cui ho partecipato durante le comunali – ha detto Michele D’Auria Petrosino – furon quelle organizzate da D’Amato, il mio collega di lavoro candidato. Una fu fatta in via Corallo e in entrambe le occasioni, il candidato sindaco Gambino non venne. Non sono mai stato impegnato nelle campagne elettorali di Gambino”. Nel memoriale, ma anche dinanzi ai giudici, ai quali ha reso dichiarazioni spontanee – senza quindi domande parte del collegio e del pg Vincenzo Montemurro – Michele D’Auria Petrosino ha ripercorso le vicende della tenuta Criscuolo a partire dal 1913 quando la proprietà fu affidata al nonno materno e successivamente alla mamma: “Ci siamo sempre affidati agli avvocati per risolvere la questioni. Non ho mai chiesto nulla agli amministratori”. Ha poi negato di aver minacciato Giacomo Cicalese ed ha poi raccontato un po’ delle sue vicissitudini personali. La sua volontà di cambiare stile di vita dopo essere uscito dal carcere nel 2005, mettendosi a lavorare. Ed infine nel 2013 quando, arrestato nell’ambito dell’inchiesta Linea d’ombra, e uscito nuovamente di prigione riferì ai carabinieri che voleva andar via da Pagani. Lasciare tutto. Michele D’Auria Petrosino ha dunque negato ogni addebito riguardo le accuse di scambio di voto ed ha ricondotto le sue conoscenze con l’ex sindaco nell’ambito di normali rapporti di lavoro. L’istruttoria dibattimentale si è chiusa, dunque, con il lungo racconto del presunto boss – a capo secondo la Procura – dell’omonimo clan insieme al fratello Antonio, imparentato con la cosca dei Fezza. Dopo una pausa di circa un mese, il processo riprenderà per la requisitoria del Procuratore generale, Vincenzo Montemurro. Poi si andrà verso la sentenza bis per Alberico Gambino, l’ex consigliere Giuseppe Santilli, Michele e Antonio Petrosino D’Auria, l’ex presidente della Multiservice Giovanni Pandolfi Elettrico, Antonio Fisichella, l’imprenditore della Torretta cave Francesco Marrazzo e l’ex architetto comunale Giovanni Di Palma .(r.f.)
(nella foto Alberico Gambino e Michele Petrosino D’Auria)