Un provvedimento “interlocutorio” per evitare la paralisi dell’ente, e “nessuna lesione della laicita’ dell’ente”. Il ministero dell’Interno risponde cosi’ all’interrogazione a risposta immediata, firmata dai deputati Francesco Paolo Sisto e Paolo Russo (Forza Italia) rispetto al decreto firmato dal ministro dell’Interno, Angelino Alfano, che riguarda la Deputazione di San Gennaro. L’interrogazione era oggi materia di dibattito nella Commissione Affari costituzionali. Nella risposta il Viminale ripercorre le tappe che hanno portato all’atto firmato il 22 gennaio scorso, che ha sollevato proteste e polemiche a Napoli, oltre che un ricorso al Tar da parte della Deputazione, composta dal 1600 dai dieci rappresentanti delle piu’ antiche famiglie nobili di Napoli e da due rappresentanti del popolo, e nella quale dal 1811 entra di diritto anche il sindaco di Napoli. La Deputazione gestisce la Cappella di San Gennaro nel Duomo di Napoli, le reliquie del Santo, e il tesoro, uno dei piu’ sfarzosi e rilevanti al mondo. Nell’interrogazione i due deputati sottolineano che il decreto del Viminale “e’ stato considerato dal popolo napoletano una ingiusta ingerenza”, ricordando come mai “nessuna carica dello Stato si era peritata di affrontare tale materia”. “L’unica strada – replica Paolo Russo al ministero, oggi in Commissione – e’ il ritiro del decreto. Il ministro e’ intervenuto inopportunamente rischiando di rompere l’equilibrio delicato e irripetibile del rapporto di sede tra Napoli e il suo Santo Patrono. Il Viminale, nella sua risposta ricorda come gia’ nel 2009 il prefetto di Napoli aveva chiesto alla Deputazione di “provvedere all’aggiornamento dello Statuto per adeguarlo alla disciplina normativa di settore”, e che si era insediato un tavolo in prefettura per la riforma dello Statuto che ha visto arrivare ad una situazione di stallo le due tesi contrapposte, quella della Deputazione, che ritiene di doversi riformare sul modello degli enti fondazionali morali di diritto pubblico, e quella del ministero dell’Interno, che la equiparerebbe a una fabbriceria, ente di natura privatistica, pur riconoscendo il tratto specifico della Deputazione. Il decreto del 22 gennaio, dunque, insiste il Viminale “e’ una soluzione interlocutoria per definire in tempi brevi un assetto ordinamentale e organizzativo condiviso”, e non c’e’ “nessuna lesione della laicita’ dell’ente, non incidendo sulla composizione e scelta dei componenti della Deputazione”, ne’ quell’atto “interferisce sulla revisione dello Statuto” in atto.