Un comitato di affari che operava all’interno del Palazzo di Giustizia di Salerno. Una storia di interferenze, raccomandazioni, processi pilotati e computer violati per accedere a informazioni riservate. E’ lo scenario investigativo disegnato dall’ inchiesta che ha portato oggi all’esecuzione di dieci perquisizioni, nei confronti, in particolare, di un giudice, nonché di avvocati, cancellieri e di un funzionario della Provincia, per una serie di reati che vanno dall’associazione per delinquere alla corruzione in atti giudiziari, abuso di ufficio, traffico di influenze, millantato credito, rivelazione di segreto di ufficio e accesso abusivo in un sistema informatico. Un ruolo centrale sarebbe stato rivestito, secondo l’ipotesi accusatoria al vaglio della procura di Napoli, dal giudice Mario Pagano, 56 anni, che è stato in servizio nella sezione civile del Tribunale di Salerno prima di trasferirsi al Tribunale di Potenza. In particolare, Pagano avrebbe raccolto informazioni sulle cause che gli venivano ”segnalate” da esponenti del presunto sodalizio allo scopo di pilotare i fascicoli ed assegnarli a giudici ”compiacenti” o da contattare per ”condizionarne la decisione”. Cause soprattutto civili e controversie tributarie (Pagano ha fatto anche parte della commissione tributaria di Salerno). L’inchiesta è stata avviata dai pm Celeste Carrano e Ida Frongillo della procura di Napoli – competente ad indagare sui magistrati del distretto di Salerno – coordinati dal procuratore aggiunto Alfonso D’Avino. Per verificare la fondatezza di una serie di elementi acquisiti da intercettazioni telefoniche, i pm hanno incaricato la squadra mobile di Napoli di eseguire una serie di perquisizioni. Tutto nasce da una telefonata tra un avvocato, Roberto Lambiase, e un suo amico, ascoltata dagli inquirenti della procura di Nocera Inferiore. Lambiase (indagato per corruzione in atti giudiziari in concorso con il magistrato) sosteneva di aver corrotto, consegnandogli un orologio Rolex, il giudice Pagano per ottenere lo spostamento di una udienza riguardante una causa di fallimento, e perché venisse respinto un ricorso della controparte. L’avvocato, nel corso della stessa conversazione, avrebbe affermato che Pagano era solito ”vendere” le sentenze. Verità o millanterie? E’ il nodo che stanno tentando di sciogliere gli inquirenti della procura partenopea che nel frattempo hanno acquisito una serie di elementi tali da far ipotizzare l’esistenza di un ”comitato di affari”. Di cui farebbero parte, oltre a Pagano indicato come promotore, anche gli avvocati Augusta Villani (che è anche Got, giudice onorario a Salerno), Nicola Montone, funzionario presso l’ufficio recupero crediti del Gip del Tribunale di Salerno e cognato del giudice, Michele Livrieri, assistente giudiziario addetto alla cancelleria degli Affari civili, gli avvocati Giovanni Pagano e Gerarda Torino, il tributarista Gerarda Torino, e Renato Coppola, dipendente della Provincia di Salerno e considerato il ”factotum” di Pagano. Indagato per concorso in rivelazione di segreto e accesso in sistema informatico anche un imprenditore, Giacomo Sessa, che avrebbe ottenuto informazioni riservate su una causa in cui era coinvolto.