Quattro anni e quattro mesi di reclusione, un anno in più rispetto alla pena richiesta dal pubblico ministero. E’ stata più severa del previsto la pena inflitta al carabiniere che la notte del 5 settembre di due anni fa al Rione Traiano a NAPOLI uccise con un colpo di pistola il 17enne Davide Bifolco. Il giovane era in sella a uno scooter guidato da un amico, forse un pregiudicato del quartiere, che non si era fermato a un posto di blocco. La sentenza è stata emessa oggi dopo oltre due ore di camera di consiglio dal gup Ludovica Mancini. Il carabiniere Giovanni Macchiarolo è stato riconosciuto responsabile di omicidio colposo: per lui quasi il massimo della pena prevista per questo reato, considerando che ha beneficiato dello sconto previsto dall’adozione del rito abbreviato. Il militare, assistito dall’avvocato Salvatore Pane, ha sostenuto che il colpo era partito accidentalmente, mentre stava per cadere. Il giudice ha ritenuto che abbia agito con gravissima imperizia e negligenza ma non abbia sparato con l’intenzione di colpire il giovane, tesi proposta dall’avvocato di parte civile Fabio Anselmo, che assiste i familiari della vittima. L’avvocato Anselmo, pur soddisfatto di una sentenza che non è certo tenera nei confronti dell’imputato, ha affermato che un ostacolo all’accertamento dello svolgimento dei fatti è costituito da gravi omissioni nella fase delle indagini, che hanno impedito l’acquisizione di elementi importanti a sostegno o della volontarietà o anche del delitto colposo. Alla parte civile è stato riconosciuto un risarcimento a titolo di provvisionale di 40mila euro, a parte i danni da liquidare in sede civile. Come in occasione delle altre udienze, un centinaio tra amici e parenti di Davide, e giovani di centri sociali, si sono radunati davanti all’ingresso del Palazzo di Giustizia, scandendo slogan ed esibendo striscioni e cartelli (”sappiamo chi è Stato”). Imponente lo schieramento dei poliziotti sia all’esterno che all’interno del Tribunale. ”Il processo è colmo di elementi che smentiscono la ricostruzione dell’imputato”, è stato il commento a caldo di Anselmo che ha parlato di ”omissioni nelle indagini che ci lasciano l’amaro in bocca”. ”Un conto – ha spiegato – è smentire la ricostruzione dell’imputato e un conto è fornire la prova inconfutabile di un omicidio volontario. Quattro anni e quattro mesi è una pena più grave ancora di quella chiesta dal pubblico ministero. E’ una pena vicina al massimo edittale, in regime di diritto abbreviato. E cinque anni di interdizione dai pubblici uffici esprimono un dato esemplare”. Anche Ilaria Cucchi ha atteso l’epilogo del processo tra i manifestanti che stazionavano all’ingresso. “La sensazione è che sia un momento importante, significativo, per la giustizia. Molto spesso questi processi finiscono in nulla, anzi molto spesso questi processi non ci sono per niente”, ha detto la sorella di Stefano Cucchi sulla cui morte è in corso una nuova inchiesta per i presunti pestaggi subiti dopo l’arresto da parte dei carabinieri. “Non mi concentrerei sugli anni di pena che vengono dati – ha aggiunto ma il fatto stesso che siano riconosciuti come responsabili, nonostante indossino una divisa, vi assicuro che è un enorme passo in avanti”. “Hai bloccato il cuore di mio figlio, io il tuo me lo mangio, ti uccido”, ha urlato Flora, la mamma di Davide, quando le hanno comunicato la sentenza, ritenendo troppo lieve la pena inflitta al carabiniere.