“Ho esploso io i colpi di pistola ma l’arma non era mia. Ce l’aveva un tifoso del Napoli che non apparteneva al gruppo di Ciro Esposito. A Ciro penso tutti i giorni e mi dispiace per quello che e’ successo”. E’ la ‘verita” raccontata in aula, nel processo in corso nell’aula bunker di Rebibbia della Corte d’Assise, da Daniele De Santis, l’ex ultra’ giallorosso protagonista degli scontri avvenuti nel maggio del 2014 in viale Tor di Quinto poche ore prima della finale di Coppa Italia tra Napoli e Fiorentina. De Santis, accusato dalla Procura di aver ucciso Ciro e di aver ferito altri due supporter partenopei, ha ricostruito cosi’ i fatti: “Ricordo di aver cercato di chiudere il cancello del Ciak Club ma di non esserci riuscito e di essere stato aggredito da un gruppo di napoletani che mi hanno ferito ad una gamba. Nel corso di questa colluttazione, sono stato colpito alla testa dal calcio della pistola che pero’ sono riuscito a strappare dalle mani di chi la possedeva, una persona dal fisico corpulento. Ho esploso dei colpi per difendermi ma non ricordo neanche quanti. Non mi sono neanche reso conto di aver colpito Ciro, e che c’era una persona a terra”. Una deposizione, quella di ‘Gastone’, che la difesa della famiglia Esposito, rappresentata dall’avvocato Angelo Pisani, ha definito “contraddittoria e non credibile, perche’ rappresenta un’ulteriore, grande prova della sua colpevolezza. Auspichiamo – ha concluso Pisani – che la Procura chieda ed ottenga la condanna all’ergastolo, perche’ la massima punizione del colpevole sara’ unico modo per rendere giustizia alla memoria di Ciro e alla sua famiglia”.
Rosaria Federico