Pupetta Maresca fece costosi regali al boss Vincenzo D’Alessandro per evitare che sparassero al fratello. E’ uno dei tanti episodi non coperti da omissis raccontati dal pentito del clan D’Alessandro, Renato Cavaliere e contenuto nelle 90 pagine di verbali depositate agli atti del processo bis in Corte di Assise d’Appello a Napoli per l’omicidio del consigliere comunale dl Pd stabiese, Gino Tommasino. Cavaliere ha parlato dell’episodio a margine del racconto fatto sull’omicidio Tommasino. Episodio che merita di essere raccontato per la particolarità dei personaggi coinvolti e per il gesto. Una dimostrazione di “sudditanza” nei confronti di chi ha sempre controllato la criminalità organizzata a Castellammare e dintorni. Ha spiegato Cavaliere: “…io e salvatore Belviso dopo aver deciso la gambizzazione del fratello di Pupetta Maresca ne abbiamo parlato con Vincenzo D’Alessandro, che peraltro non era in buoni rapporti con quell’uomo. Dopo l’omicidio Tommasino, Vincenzo D’Alessandro ha incontrato a casa di Nunzio Martone che abitava nello stesso palazzo di Pupetta Maresca, sia la stessa che il fratello. Durante quell’incontro D’Alessandro ha ricevuto un Rolex con un bracciale di diamanti…”. In precedenza lo stesso Cavaliere aveva spiegato che il giorno dell’omicidio Tommasino dovevano fare “una via, due servizi”. Ovvero sparare al fratello di Pupetta Maresca che gestisce dei campi di calcetto e un ristorante vicino all’abitazione del consigliere ucciso e quindi eliminare Tommasino questo perché: “… Era stato Belviso a decidere quella gambizzazione perché l’uomo si era rifiutato di consegnare al clan la somma di sessantamila euro all’anno”. I racconti di Renato Cavaliere sono tutti al vaglio del pm Claudio Siragusa della Dda di Napoli. Il pentito il prossimo 22 giugno comparirà in video conferenza all’udienza in Corte d’Assise d’Appello. Udienza che darà il vero via al processo bis contro l’esecutore materiale dell’omicidio ovvero il pentito Renato Cavaliere e Catello Romano, l’unico non pentito dei quattro del commando di morte. Gli altri due sono Salvatore Belviso e Raffaele Polito (entrambi pentiti) e che hanno in cassato in abbreviato 18 anni e 10 anni di carcere.