Si stanno analizzando i tabulati telefonici, i messaggi, le chat dei social oltre ad interrogare la sua compagna e i familiari e i conoscenti per risalire alle persone che avevano dato appuntamento il 7 maggio scorso a Giovanna Arrivoli e che invece si sono rivelati i suoi assassini. La donna di Melito, che voleva diventare uomo e per questo si era anche sottoposta ad alcune operazioni chirurgiche, è stata trovata uccisa e sotterrata alla periferia del paese. Il suo cellulare è scomparso segno che chi l’ha uccisa è un professionista perché non ha voluto lasciare tracce. Ma il compito era di ucciderla e per questo che Giovanna è stata attirata in una trappola. E’ stata picchiata selvaggiamente a pugni. Dall’autopsia è emerso che aveva la mascella fratturata e poi dopo le hanno esploso contro 8 colpi di una calibro 9×21 e quindi sotterrata a faccia in giù e ricoperta di stracci e terriccio. Un rituale classico della camorra di disprezzo per chi ha commesso qualcosa di grave. Gli “007” dell’Arma stanno visionando anche i filmati di alcune telecamere di sicurezza, sia pubbliche che di esercizi commerciali privati, dislocate lungo via Lussemburgo e lungo le strade vicine per capire se la donna sia stata costretta a salire a bordo di qualche veicolo e portata via. Le ipotesi investigative seguono la pista della vendetta trasversale nei confronti del cognato Carmelo Borrello, boss in ascesa ed elemento di primo piano del gruppo Amato. Anche a lui ieri i militari hanno notificato l’ordinanza di custodia cautelare in carcere, dove si trova da circa due mesi, per violazione degli arresti domiciliari. Una vicenda che ora viene letta dagli inquirenti come un espediente per andare via da Melito, al sicuro in una cella di Poggioreale, perché forse finito sulla lista dei “morti che camminano” in seguito ad un clamoroso ribaltamento della gerarchia criminale all’interno dello stessa costola melitese del clan AmatoPagano. Ma la 40enne che lavorava, in via Lussemburgo, la più grossa “piazza” di spaccio del Napoletano dopo quelle di Scampia e Secondigliano e gestita dal clan Amato- Pagano potrebbe aver pagato per uno sgarro nel mondo dello spaccio, quindi, anche se gli inquirenti non tralasciano altre piste investigative, compresa quella che porta a fatti privati. Anche se tutte le “simbologie” del delitto portano diritto alla camorra. La zona dove è stato ritrovato il cadavere di Giovanna Arrivoli, il parco san Pio, un posto completamente in mano agli sgherri di Raffaele Amato, detto “Lello ‘o spagnuolo” che con Cesare Pagano, ha dato vita alla faida più sanguinose che la storia criminale ricordi. C’è comunque da ricordare che, secondo le risultanze investigative, è in atto una scissione all’interno del gruppo Amato-Pagano nata per questioni di “quote” nel business droga. Uno scontro tutto interno agli ex Di Lauro che ha già portato a due omicidi. Quello del 5 gennaio davanti al bar “Royal” di via Po, in cui venne massacrato il 22enne Luigi Di Rupo, sosia all’innocente Giuseppe Maikol Russo, a sua volta ucciso a Forcella il 31 dicembre 2015; e quello di Davide Tarantino, il 43enne scomparso il 26 febbraio e probabilmente vittima di una “lupara bianca”. Il 29 febbraio, a Lago Patria, venne trovata la sua auto ma il cadavere non è stato mai ritrovato. Entrambi, secondo le risultanze investigative, sarebbero stati vittima dello scontro tutto interno a quello che una volta era il granitico gruppo degli scissionisti capeggiati dai padrini Raffaele Amato “’a vicchiarella” e “Cesarino” Pagano, un tempo fedelissimi del capoclan di Secondigliano Paolo Di Lauro.