Palma Campania. Condannato all’ergastolo per omicidio viene scarcerato dopo 8 anni perchè riconosciuto innocente. E’ stato liberato Elia Nunziata, uno dei titolari dell’impresa di autotrasporto nolana “Autoparco Meridionale”, arrestato nel novembre 2008 per scontare una pena all’ergastolo, divenuta definitiva, per l’omicidio di Daniele Lamperti, un camionista ucciso nel corso di una rapina la sera del 21 ottobre del 1991. I giudici della Corte d’Assise d’Appello di Roma hanno annullato la sentenza dopo un processo durato 20 anni. Dalle accuse Elia Nunziata si era sempre professato innocente, innocenza riconosciuta dallo stesso Procuratore generale del Tribunale che nel corso della requisitoria aveva chiesto l’assoluzione dell’imputato, detenuto da otto anni nel carcere di Frosinone. Le prove portate dalla difesa rapresentata dall’avvocato Massimo Mercurelli hanno convinto i giudici che hanno accolto la richiesta del Procuratore generale annullando la condanna all’ergastolo per l’imputato. Nunziata, detenuto nel carcere di Frosinone da otto anni, è stato anche scarcerato. Ad accusarlo era stato un “pentito”, poi suicidatosi in carcere, lasciando un biglietto con il quale ammetteva di aver accusato ingiustamente l’imprenditore. La sentenza dovrà diventare definitiva per avviare l’iter del risarcimento per l’ingiusta detenzione.Nunziata che oggi ha 57 anni era stato arrestato nel 2008 dagli agenti della Squadra Mobile di Napoli all’esterno dell’ippodromo romano di Tor di Valle. Era ricercato proprio a seguito dell’ordine di esecuzione emesso dalla Procura Generale di Napoli alla pena dell’ergastolo, per l’omicidio dell’autotrasportatore, Daniele Lamperti, avvenuto nell’1991, nel corso di una rapina che il Nunziata – sostenne il pentito – aveva effettuato con altri complici. Nunziata ha pagato lo scotto delle accuse di un collaboratore di giustizia che poi, prima di uccidersi ha ritrattato, e per essere cognato del boss Aniello Ruocco, a capo dell’omonimo cartello del clan clan Alfieri. I collaboratori di giustizia lo indicavano ance come prestanome e riciclatore dei soldi della camorra indicando la sua azienda come il luogo d’incontro per i summit della cosca. Accuse dalle quali Elia Nunziata si è sempre strenuamente difeso, fino all’ora della verità che è arrivata con la sentenza della Corte d’Assise d’Appello di Roma.