Dalle prime ore di questa mattina, i militari del Comando Carabinieri per la Tutela dell`Ambiente e della Polizia Metropolitana di Napoli, in collaborazione con i militari del Comando Provinciale Carabinieri di Napoli stanno dando esecuzione  a 18 misure cautelari emesse dal gip di Napoli, di cui 14 arresti con il beneficio dei domiciliari e 4 obblighi di dimora, nonche’ al sequestro di due cave a Giugliano e vari stabilimenti. Eseguite anche perquisizioni in diverse regioni, tra cui la Sicilia (Catania, Isola delle Femmine) in Puglia (Foggia) e in Lombardia (Bergamo). I rifiuti, provenienti da tutta Italia venivamo tombati nelle due cave di Giugliano. L’inchiesta della Procura Distrettuale della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia, Procuratori Aggiunti, Dottori Giuseppe Borrelli e Filippo Beatrice, ha consentito di raccogliere gravi elementi di reità in ordine all`esistenza nel territorio di Giugliano in Campania, di Quarto e di altre aree limitrofe di un consolidato sistema, a cui hanno aderito a vario titolo imprenditori e professionisti, dedito alla commissione di una pluralità di reati di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti attraverso la predisposizione di falsi documenti di trasporto e falsi certificati di analisi, e che hanno permesso lo smaltimento illecito nella cava San Severino e la cava Neos di Giugliano in Campania di oltre 250.000 tonnellate di rifiuti, così da garantire un ingiusto profitto di alcuni milioni di euro derivante dal non sopportare i costi dovuti per lo smaltimento dei rifiuti presso i siti autorizzati. L`attività trae origine dalle verifiche effettuale dal Nucleo Operativo Ecologico dei Carabinieri di Caserta in seguito ad un esposto anonimo nel quale veniva denunciata un`attività di raccolta, stoccaggio e commercio di inerti da demolizione che venivano conferiti presso la società SAN SEVERINO RICOMPOSIZIONI AMBIENTALI S.R.L. Le indagini svolte congiuntamente dai militari del Comando Carabinieri per la Tutela dell`Ambiente e dal personale della Polizia Metropolitana ha così permesso di stabilire come presso la cava, autorizzata ad effetturare operazioni di ricomposizione ambientale, cioè quell`insieme di azioni aventi lo scopo di realizzare un assetto dei luoghi tendente alla salvaguardia dell’ambiente naturale ed alla conservazione della possibilità di riuso del suolo, in realtà venissero smaltiti i rifiuti provenienti da demolizioni di edifici della città e provincia di Napoli, senza essere sottoposti a processi di separazione, vagliatura e macinazione mediante apposito impianto, peraltro in una zona a rischio idraulico, così come individuata dall’Autorità del Bacino Nord Occidentale della Campania. In tale contesto, appare fondamentale sottolineare come l`area della cava gestita dalla San severino coincida con quella indicata ultimamente dal collaboratore di giustizia Nunzio Perrella nelle sue dichiarazioni e che quindi le attività illecite in essa realizzate erano già state tempestivamente e compiutamente dimostrate dai militari nel corso dell`attività investigativa. Medesimo traffico di rifiuti è stato ricostruito presso una seconda cava, la N.E.O.S., sempre ubicata nel comune di Giugliano in Campania. In questo caso, le attività hanno permesso di dimostrare come gli indagati miscelassero i rifiuti provenienti dalle demolizioni con la pozzolana prodotta nella cava, rivendendone il miscuglio all`industria Moccia di Caserta, produttrice di laterizi e cemento. I controlli hanno infatti stabilito come i mattoni, destinati all`edilizia civile, presentassero una particolare fragilità , circostanza peraltro emersa in maniera palese anche da alcune conversazioni telefoniche. La pluralità di traffici illeciti ha riguardato anche i lavori di ripulitura dell`alveo di via Cirillo del Comune di Quarto in cui gli indagati hanno smaltito illecitamente i rifiuti speciali non pericolosi sia mediante abbancamento sulle stesse sponde del canale e nei terreni circostanti, con successiva copertura con terreno vegetale, che, in seguito alle piogge, è franato, sia mediante riposizionamento ed occultamento dei rifiuti nella medesima vasca di laminazione dell`alveo ovvero nel luogo da cui erano stati rimossi, con conseguente ostruzione del flusso delle acque. Come emerge dai numerosi e dettagliati elementi, la gestione illegale dei rifiuti avveniva mediante la ricezione e miscelazione illecita dei materiali e la loro provenienza da varie imprese senza essere abilitati a riceverli, condotte cui si affiancavano: irregolarità sistematiche nella tenuta dei registri di carico e scarico e nelle attività di trasporto; l’assenza di macchinari necessari; la mancanza di valide e puntuali analisi e accertamenti chimici sui rifiuti; la miscelazione di rifiuti non pericolosi, in assenza di analisi adeguate e con modalità che non consentivano di conservare traccia delle partite di rifiuto gestite e non consentivano a terzi di conoscere l’effettiva composizione delle partite ottenute; l’esistenza di irregolarità nella redazione dei formulari. Le allarmanti modalità , le circostanze adottate e la gravità delle condotte hanno pertanto evidenziato un concreto danno per l`ambiente. Alla luce degli elementi emersi nel corso delle indagini, in cui risultano complessivamente indagate 39 persone, l`Autorità Giudiziaria ha emesso una serie di provvedimenti di custodia cautelare in regime di arresti domiciliari.