Nel 2009, durante il suo primo mandato da sindaco di Torre del Greco, Ciro Borriello secondo le accuse avrebbe “pilotato” alcuni controlli dei vigili urbani ad un negoziante. E per questo che ieri il Procuratore generale durante il Processo in Corte di Appello ha chiesto la condanna a un anno e due mesi di carcere. Il primo cittadino era stato invece assolto dai giudici di primo grado a Torre Annunziata. I reati contestati sono abuso d’ufficio e soppressione di atti. Nell’inchiesta e nel processo figurano anche alcuni vigili urbani condannati in primo grado. tra questi Errico Sorrentino ex capo del nucleo anti-abusivismo dei caschi bianchi è accusato di aver falsificato più di un sopralluogo in strutture abusive, con verbali addolciti o inaspriti a seconda del “regalo” ricevuto. Per lui il pg ha chiesto la conferma della condanna di primo grado: 8 anni e 9 mesi di reclusione. Richieste pesanti anche per altri politici coinvolti nell’inchiesta della “cricca” dei vigili urbani. L’ex assessore ed esponente storico di Forza Italia Vincenzo Maida, padre dell attuale consigliere comunale,Domenico, che in primo grado aveva avuto 3 anni e 3 mesi in continuazione con una precedente pena, ha ricevuto una nuova richiesta di condanna a5 anni e 9 mesi di carcere. Anche Antonio Donadio e il figlio Nicola, assolti in primo grado ora rischiano rispettivamente un anno e 5 mesi e un anno di carcere. Richieste di conferme di condanne anche per gli altri caschi bianchi Francesco Di Maio, condannato a 6 anni e 9 mesi di reclusione, Giuseppe Mazzella  a 3 anni e mezzo,. Condanna pesante anche per i due tecnici comunali Enrico Bianco (5 anni e mezzo) e Ciro Pagliuso (5 anni). Per gli altri imputati (sono trentotto quelli a processo) dipendenti comunali, vigili urbani e abusivisti che facevano parte del “sistema” di corruzione, falsi verbali, soppressione di atti e abusi edilizi, invece, erano arrivate condanne più lievi, da un anno e 8 mesi a scendere fino ai 7 mesi. A preoccupare gli imputati, però, è molto anche la pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici, praticamente imposta a quasi tutti i condannati.