Carla Caiazzo, la donna ustionata dall’ex compagno, parla in tv: “Mi auguro che marcisca in carcere”

«Da parte mia era finito l’amore, l’affetto. In questi ultimi anni ho resistito, perché temevo che potesse farsi del male… però era una cosa soffocante». «Al telefono mi minacciava: diceva che doveva rendermi la donna più infelice del mondo. C’è stata una sera in cui lui mi ha fatto una specie di aggressione. Sono rientrata intorno alle 23: me lo sono ritrovata sotto casa e non mi sono fermata. Lui si è appeso alla maniglia della mia macchina… io correvo… l’ha rotta, l’ha sradicata. Quella sera stessa mi sono recata dai carabinieri: sono rimasta fuori dal comando per circa 30 minuti… mi vergognavo di denunciare il padre della bambina che stava per nascere. Invece avrei dovuto farlo: il padre di quella bambina è un mostro». A parlare è Carla Caiazzo – la 40enne di Pozzuoli a cui il fidanzato Paolo Pietropaolo ha dato fuoco lo scorso primo febbraio – ai microfoni di “Quarto grado”, la trasmissione di Rete Quattro andata in onda ieri sera. All’epoca dell’ag- gressione la donna era all’ottavo mese di gravidanza, incinta della figlia dell’uomo, nata poi con un cesareo d’urgenza. Finora Carla Caiazzo ha subìto numerosi interventi di chirurgia plastica e altri sono in programma nelle prossime settimane.

«Ci siamo presi un caffè in un bar sotto casa mia e poi mi ha chiesto se volevo accompagnarlo a fare una commissione…sinceramente ero un po’ spaventata… ho detto: “puoi andare con la mia macchina magari”… intanto mi reco al negozio di mia madre per aspettarlo. Riportata la macchina gli dico: “c’é anche tua madre” e lui “allora ci dai un passaggio”. “Sì…vi accompagno entrambi”. Arrivati siamo rimasti io e lui… mi fa vedere un pensierino che aveva fatto per Giulia e dice: “ti sto dando solo questa cosa… guarda ne ho altre dentro”. È stato velocissimo… torna in macchina, poi mi aggredisce e mi butta giù… mi strangola e mi butta un liquido in faccia… ho chiuso gli occhi e d’istinto mi sono coperta la pancia. Infatti il lato dove mi non sono coperta è quello più compromesso, ovviamente». Il racconto di Carla è proseguito: «L’ultima frase che ha detto è stata: “adesso vatti a divertire… vai vai… fatti un bel sorriso… voglio vedere se continui a ridere”. Rideva: quel sorriso non lo dimenticherò più per tutta la vita. Era il sorriso di un uomo crudele, diabolico, delinquente».

 «Mi sono alzata e mi sono recata nella casa del vicino, dove mi sono fatta sciacquare con la pompa… lui mi ha ripresa un po’… intanto mi sono vista nello specchio, in questa villa del vicino, e ho visto che mi stavo sfigurando. Mi sono messa ad urlare: “che mi ha combinato, che mi ha combinato!”, perché mi vedevo i capelli bruciati…». «Poi è arrivata l’ambulanza e l’ho aspettata in piedi perché volevo dirgli che  ero incinta di otto mesi… nel mentre bruciavo… Mi ricordo anche un pezzo di strada percorso nell’ambulanza, poi non ricordo più niente… sono anda- ta in coma…» ha continuato Carla.

 Carla si sveglia dopo venti giorni di coma. La prima persona che ha visto è stata «Mia sorella… volevo sapere che cosa mi era successo… perché non avevo più la pancia..».Carla ha conosciuto la sua bambina molti mesi dopo. «La Festa della mamma ho avuto una sorpresa. Mia madre era complice ovviamente ed era lì con me nella camera dell’ospedale… quel giorno le chiesi se potevamo andare a farci una passeggiata nel corridoio del Cardarelli. Mentre camminavamo da lontano ho visto la sagoma di Vincenzo e di mia sorella… avevano qualcosa tra le mani, un trasportino… ho urlato “Giulia, Giulia”… ero molto felice. Era la prima volta che la vedevo dopo tutto questo…».  Carla risponde alle domande con fermezza senza nascondere il dolore: “E’stata dura, volevo mollare, volevo abbandonarmi a questo dolore. Credo che non andrò più all’inferno, se mai ci fossi dovuta dovevo andare, perché l’inferno l’ho trascorso in quell’ospedale… dei dolori che non riesco a spiegare… neanche immaginare, potentissimi, che fan- no venire voglia di abbandonarti… di dire “non voglio più vivere, non ce la faccio a sopportarli”».

 «Mi sono vista molto dopo l’accaduto, perché non volevo guardarmi allo specchio… è un me- se che mi guardo allo specchio. Va beh, le mani erano fasciate quindi non potevo rendermi conto di quello che era successo, potevo solo immaginare. E poi una sera Vincenzo mi ha fatto fece vedere tipo puzzle: un poco gli occhi, un poco il naso, un poco la bocca… quindi ho iniziato a darmi un’idea di quello che ero… ho avuto una sensazione come se non fossi io ma un’altra persona».

Poi le risposte più drammatiche. «Voleva ammazzarmi… credo proprio di sì… voleva ammaz- zarci, perché eravamo in due e lui lo sapeva bene…» racconta Carla. E alla domanda «Tu sei molto arrabbiata?» risponde «Sì… sono arrabbiatissima… con me, con lui. Gli auguro che sia infelice per tutta la vita. Spero che marcisca in quel carcere… fino all’ultimo minuto della sua pena e che sia la più lunga… è questa la mia speranza… vivo solo di questo».

(tratto da Il Roma)

 

 

 

 

 


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