Niente più carcere duro per Catello Romano, uno dei componenti del commando che il pomeriggio del 3 febbraio del 2009 uccise il consigliere comunale del Pd di Castellammare, Gino Tommasino. La Cassazione ha infatti accolto il ricorso presentato dal suo avvocato, Francesco Schettino, accogliendo la tesi seconda la quale Romano, che all’epoca era 19enne “era troppo giovane e aveva subìto il lavaggio del cervello come la gioventù hitleriana”. Da ieri dunque il detenuto ha lasciato il famoso 41bis del carcere di Novara per essere trasferito in un padiglione dove si prevede la massima attenzione. Romano, ex studente del Liceo psico pedagogico di Castellammare nel frattempo in carcere ha cambiato radicalmente stile di vita. E’ tornato alle passione della sua gioventù: lo studio e la lettura. E’ diventato buddista e pacifista. Si è diplomato al Liceo delle Scienze Umane di Novara.E’ l’unico dei quattro componenti del commando di morte che uccise Gino Tommasino a non essere pentito: gli altri tre Raffaele Polito, salvatore Belviso e Renato Cavaliere hanno deciso di passare dalla parte dello Stato. In verità lui era stato il primo a pentirsi tranne poi fare un repentino passo indietro dopo due giorni e fuggire dalla località protetta in Puglia dopo due giorni ma fu acciuffato dopo 15 giorni in un centro commerciale a Teverola in provincia di Caserta dove aveva appuntamento con un cugino. La sua fuga era stato organizzato dallo stesso clan che prima lo aveva minacciato e poi convinto ad allontanarsi. Aveva confessato ben cinque omicidi tra cui il duplice omicidio di Gragnano quando uccise in maniera eclatante il boss Carmine D’Antuono e Federico Sicignano. Quell’agguato, come poi ha raccontato nei mesi scorsi il nuovo pentito del clan, ovvero Renato Cavaliere, esecutore materiale dell’omicidio Tommasino, gli valse in suo ingresso nel clan D’Alessandro e l’abbraccio del boss Enzo D’Alessandro.
