Un intero quartiere trasformato in piazze di spaccio dove anche bambini girano armati e nel quale legittimi assegnatari di case popolari vengono sfrattati con forza. È il quadro che emerge dalle indagini dei carabinieri coordinati dalla Direzione distrettuale antimafia di Napoli. Sono 89 gli indagati, 75 condotti in carcere e 14 ai domiciliari, ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, omicidio, estorsione, detenzione e porto abusivo di armi da fuoco con l’aggravante delle finalità mafiose. Le indagini, svolte dai militari della Tenenza di Cercola hanno consentito di accertare l’esistenza e l’operatività di un gruppo camorristico attivo nel quartiere Ponticelli di Napoli e località Caravita di Cercola, facente capo alla famiglia D’Amico insediata nel parco Conocal di via Sambuco che, nel corso degli ultimi anni, si è affermata come gruppo autonomo dopo la cessazione del dominio incontrastato del clan Sarno, a partire dall’estate 2009. L’abitazione di Nunziata D’Amico, vittima il 10 ottobre 2015 di un agguato con modalità riservate ai boss di camorra, era diventato punto di riferimento del clan e “luogo nel quale tutte le decisioni sono state prese e gli episodi commentati”. Grazie alle conversazioni ascoltate per quasi un anno all’interno della casa, ma anche attraverso le telecamere installate all’interno del parco Conocal, è stato possibile ricostruire l’organigramma del gruppo camorristico che esercita un vero e proprio controllo capillare del territorio, dalle piazze di spaccio alle estorsioni, dalla gestione degli immobili popolari a quella delle pulizie degli stabili del parco. Controllo che “conserva grazie alla particolare spregiudicatezza e – scrive in una nota il procuratore aggiunto di Napoli, Filippo Beatrice – pericolosità degli affiliati, soprattutto di quelli più giovani, e alle loro capacità militari nonché a una grossa disponibilità di armi, maneggiate anche da minori che, in alcuni casi, non hanno compiuto dieci anni”. La pericolosità degli affiliati è emersa nella faida con il clan De Micco che si avvale, così come i D’Amico, di giovani leve “altrettanto ostinate e decise a non farsi prevaricare”. Le telecamere hanno registrato continui raid armati all’interno del Conocal, attuati per il controllo delle piazze di spaccio, i cui gestori sono “costretti” a corrispondere la quota a entrambi i clan, oppure per dimostrare la propria forza a colpire l’avversario o persone a lui vicine. Le conversazioni ascoltate nell’abitazione di Nunziata D’Amico hanno permesso di comprendere “le modalità con le quali sono state organizzate e attuate le risposte alle azioni di fuoco nemiche”. Alle origini della faida vi è, per i magistrati partenopei, il lucrosissimo controllo delle piazze di spaccio di Ponticelli e di Caravita, attuato “mediante l’imposizione della ‘quota’ e – evidenzia Beatrice – la fornitura della sostanza stupefacente”. Le intercettazioni ambientali, quelle telefoniche e le immagini delle telecamere installate nel parco Conocal, hanno consentito anche di accertare l’operatività di 11 piazze di spaccio di marijuana e cocaina, attive 24 ore su 24, organizzate con turni fissi e cambi sul posto. È stato, inoltre, messo in luce il potere del clan nella gestione degli immobili popolari, utilizzata per finalità di controllo del territorio “attraverso l’assegnazione a titolo oneroso degli alloggi a persone riconducibili all’organizzazione criminale e l’allontanamento coatto di persone indesiderate, tra cui – evidenzia la Procura di Napoli – gli appartenenti alle famiglie dei collaboratori di giustizia”. Ricostruite anche le alleanze criminali con il gruppo dell’ex clan Sarno e del clan Ricci attivo ai Quartieri Spagnoli. Il provvedimento cautelare riguarda anche alcuni degli indagati accusati di aver partecipato, quali mandati ed esecutori, all’omicidio di Alessandro Malapena, commesso il 27 agosto 2013 a Ponticelli, nonché il ferimento con colpi d’arma da fuoco di Gaetano Caputo, avvenuto a Cercola il 13 luglio 2014. Coinvolto nelle indagini e sottoposto a misura cautelare anche un medico dell’Asl Napoli 1, che avrebbe redatto un falso certificato in favore di un’esponente del clan per consentirle di recarsi a colloquio con il marito, detenuto a Oristano, nonostante fosse sottoposta all’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.
I dialoghi intercettati dai carabinieri sembrano presi dalla sceneggiatura di Gomorra. E cosi’ si sente Nunziata D’Amico lamentarsi dei rapporti con la cosca storica rivale, i De Micco, che ha al vertice il giovane boss Marco. La donna li vede dalla finestra, e rivolta ad un interlocutore dice: “Ora stanno li’ sotto, eh…non li vedi questi… stanno i bodi (da Bodo, il personaggio dei cartoni animati preferito da Marco De Micco che se l’e’ fatto tatuare sulla pelle, e cosi’ hanno fatto molti dei suoi affiliati, ndr) … non entrate nel biliardo…mi hanno detto ‘levati di mezzo’…”. La donna illustra anche il tentativo di giungere a un accordo con i nemici. In un’altra conversazione, un uomo se la prende con il fatto che ci siano giovani con in mano armi: “Questi sono scemi…sparano…tre diciottenni”. Molti dei dialoghi riguardano lo spaccio di droga. Le trattative per l’amnesia, lo stupefacente frutto di un mix tra hashish, metadone ed altre sostanze molto pericolose; sta a “11”, ma c’e’ chi si offre di procurarlo alla donna boss a “8 e mezzo”. E c’e’ anche chi combina guai con le partite da ‘tagliare’ e ridurre in dosi: “Carmela ha inguaiato la roba…ne ha buttato troppo e l’ha inguaiata”.
(nella foto di copertina Annunziata D’Amico la donna boss uccisa il 10 ottobre del 2015 a Ponticelli e il luogo dell’agguato)