Quattordici anni di attesa: arresti, condanne e ancora condanne. Ventiquattro anni per il killer ‘prezzolato’, traverstito da carabiniere, che la sera del 12 marzo del 2012 uccise e nascose il cadavere di Maurizio D’Elia. Si chiama Vincenzo Marciano, originario di Torre Annunziata, per anni killer a pagamento per conto dei clan vesuviani, e poi una vita da insospettabile postino nei Paesi Bassi. Oggi ravveduto e pentito, tanto da aver confessato l’omicidio avvenuto a Montecorvino Rovella nel 2012 ed altri delitti al vaglio della Dda di Napoli e Salerno. Ieri mattina, i giudici della Corte d’Assise di Salerno hanno condannato Marciano, suocero di un altro pentito dell’Agro, il san marzanese Alfonso Annunziata già condannato per l’omicidio di Anna Vignola. Vincenzo Marciano, difeso dall’avvocato Giovanni Conte, ha affrontato la sua prima condanna da collaboratore di giustizia. Venti anni la richiesta di pena del pm della Dda Giancarlo Russo: ventiquattro la sentenza dei giudici salernitani che non gli hanno riconosciuto le attenuanti dell’articolo 8, quelli della collaborazione con la giustizia. Tre anni di isolamento, oltre alle interdizioni perpetue e legali e una provvisionale di 10mila euro per i familiari della vittima, costituiti con l’avvocato Cecchino Cacciatore che provano ad ottenere un risarcimento in sede civile e il riconoscimento previsto per i familiari di vittime della camorra. Vincenzo Marciano faceva parte del commando di napoletani che quella sera, travestiti da carabinieri prelevarono in un circolo di Montecorvino Rovella, Maurizio D’Elia. Finsero una perquisizione poi su un’auto ‘civetta’ lo caricarono e lo portarono in aperta campagna dove, il giovane fu ucciso e sotterrato. I suoi resti non sono mai stati trovati. Marciano ha confessato. Oltre a fare i nomi già noti dei suoi complici ha anche sostenuto che nel commando era presente un’altra persona, anch’egli insospettabile della provincia di Napoli che partecipò all’agguato. E il caso D’Elia non sembra chiuso, tanto che nei giorni scorsi, il pentito di origini torresi è stato nuovamente ascoltato da un magistrato della Dda di Salerno. L’uccisione di Maurizio D’Elia fu commissionata da Biagio Giffoni, all’agguato partecipò Carmine Izzo detto il ‘piccolino’ già condannato a 30 anni, anch’egli collaboratore di giustizia. D’Elia fu portato in una zona isolata di Olevano dove fu picchiato, interrogato sotto tortura e ucciso. I tre napoletani furono accompagnati in auto da Carmine La Pietra a bordo di una Opel Vectra. L’omicidio fu inquadrato nella faida tra il clan Pecoraro di Bellizzi e il clan Giffoni (Battipaglia/Eboli), in contrapposizione per il controllo del noleggio dei videopoker nella Piana del Sele. D’Elia era indicato quale autore dell’agguato mortale in cui fu ucciso Giuseppe Esposito, Peppe ’o ribotto, capozona di Pontecagnano per conto del clan Pecoraro. Ecco perché D’Elia – nelle intenzioni del capoclan Giffoni e del nuovo alleato Angelo Frappaolo – doveva essere rapito, interrogato e quindi ucciso. La scelta dei sequestratori toccò a Pasqualino Garofalo, frequentatore dei boss della zona del Vesuviano. Con la condanna di ieri mattina si è chiuso un altro capitolo di un omicidio rimasto avvolto nel mistero per oltre dieci anni. Un capitolo che Marciano non ritiene sia chiuso del tutto e che potrebbe portare all’incriminazione di un altro componente del commando.
Marciano condannato in primo grado a 24 anni di reclusione, è uscito allo scoperto. Insospettabile postino, fino a pochi mesi fa, era un killer al soldo dei clan vesuviani e in particolare di Pasqualino Garofalo, capozona tra San Marzano sul Sarno e Poggiomarino.