Torre Annunziata: il boss Alfonso Chierchia rischia l’ergastolo per l’omicidio Venditto e si rende irreperibile

Rischia l’ergastolo il boss Alfonso Chierchia, fratello di Giuseppe e mandante dell’omicidio di Aurelio Venditto, ucciso a Torre Annunziata il 28 febbraio del 1999, ma il pluripregiudicato cerca di evitare il carcere e non rientra da un permesso premio presso la casa lavoro. E’ irreperibile da ieri mattina, il 45enne torrese, dopo che il Gup Russo della 25esima sezione del Tribunale di Napoli, ha accertato che il pregiudicato torrese – in licenza per un permesso – non è rientrato presso la struttura detentiva. Ieri mattina, il pm della Dda Sergio Ferrigno ha chiesto per Chierchia e per Salvatore Di Dato, la condanna all’ergastolo per l’omicidio Venditto – l’uomo vicino al clan Limelli-Vangone ‘i bicchierini’ – e il tentato omicidio di Natale Russo. Dodici anni di reclusione sono stati chiesti per Franco Sannino, il pregiudicato di Ercolano pentitosi qualche mese fa e difeso dall’avvocato Giovanni Conte, e Aldo Del Lavale, il collaboratore di giustizia di Torre Annunziata che partecipò alle riunioni organizzative per l’omicidio fornendo appoggio logistico ai due esponenti del clan Birra – Sannino e Di Dato – che eseguirono il delitto. Stamattina, dinanzi al Gup Russo, Di Dato – inchiodato dalle accuse dei collaboratori di giustizia e dalle indagini dell’antimafia napoletana – ha ammesso le proprie responsabilità chiedendo scusa ai familiari della vittima, un’ammissione che non ha intenerito la pubblica accusa che ha chiesto anche per lui l’ergastolo. Il processo continuerà a settembre quando, dopo le discussioni degli avvocati difensori, il Gup dovrà emettere la sentenza con rito abbreviato.
Aurelio Venditto, vicino ai Limelli-Vangone, fu ucciso per volontà di Alfonso Chierchia, a capo dell’omonimo clan torrese con l’ausilio di esponenti del clan birra-Iacomino. Il pomeriggio del 28 febbraio 1999, verso le 15,40 in vico del Fico a Torre Annunziata i killer uccisero l’uomo dei ‘Bicchierini’ – il clan di Pasquale Gallo ‘o russo e dei fratelli Vangone – sotto la sua abitazione. Quando arrivarono i carabinieri trovarono nelle vicinanze del cadavere decine di colpi di pistola calibro 7,65 e 9×21. Anche la vittima, figlio di Ernesto Venditto organico al clan dei ‘bicchierini, era armata aveva addosso una Beretta semiautomatica con il colpo in canna, che non riuscì ad estrarre per difendersi. In tasca ad Aurelio Venditto furono trovate le chiavi di una Lancia Y che risultò essere intestata a Natale Russo, noto pregiudicato e che era parcheggiata nelle vicinanze.
La notte del 1 marzo proprio Natale Russo arrivò al pronto soccorso dell’ospedale di Scafati, con una ferita alla spalla di arma da fuoco. Era stato già medicato ma il proiettile era rimasto nella spalla. La versione di Natale Russo non convinse gli inquirenti. Sostenne di essere stato ferito a Pompei da due giovani, presso la stazione della circumvesuviana, dove si era recato per prendere la sorella. Una banale lite per difendere la donna. Ma i carabinieri accertarono che Russo era in compagnia di Aurelio Venditto quel giorno e sfuggì alla morte scappando. Ferito ad una spalla si era fatto medicare, ma nella notte – molte ore dopo – si era recato in ospedale per farsi curare.
Quell’omicidio, secondo l’antimafia, fu organizzato da Alfonso Chierchia del clan rivale, lo stesso boss che ora è latitante e attivamente ricercato. Aurelio fu ucciso, secondo Del Lavale, per i contrasti sorti tra i Chierchia e i ‘bicchierini’ per il controllo del traffico e dello spaccio di droga a Torre Annunziata e anche perché era ritenuto responsabile dell’omicidio di Patrizio Izzo, cognato dei fratelli Alfonso e Giuseppe Chierchia, con il quale Venditto aveva avuto dei diverbi nell’ambito dell’attività di spaccio.
Secondo Del Lavale, i due killer del clan Birra-Iacomino, furon ricompensati dai Chierchia. Sannino fu pagato con della droga, mentre Di Dato ricevette un costoso orologio.


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