Aveva stanziato 10mila euro per vedicare la morte del padre. Poi alla fine saltò tutto perché ci fu la pace con i “nemici”. E’ una parte della sanguionosa ma breve faida di camorra a Torre del Greco tra il gruppo del boss Gaetano Di Gioia, detto ‘ tappo e gli “scissiniosti” del rione Sangennariello guidati da Ciro Grieco. Lo ha raccontato ai magistrati della Dda di Napoli il pentito Biagio Munizzi. Le sue dichiarazioni sono contenute nell’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di Eleonora Papale, figlia del boss Luigi e di Ciro Boschetto, eseguita l’altro giorno. Il pentito ha raccontato che Isidoro Di Gioia (anch’egli pentito da tre anni) appena uscito dall’ospedale in conseguenza delle ferite riportate nell’agguato in cui era rimasto ucciso il padre, il boss Gaetano, aveva organizzato una riunione con tutti gli uomini del clan e nella quale aveva stabilito la vendetta. Il piano era di affittare un appartamento nella zona dei nemici da usare come base per compiere l’agguato. ” Nel corso della riunione- ha detto il pentito- su richiesta di Giannino ‘o meccanico (Giovanni Di Dato) si concordò di uccidere Francuccio ‘a zinniata pechè ritenuto coinvolto nell’omcidio di Gaetano Di Gioia…capii che c’era un gruppo di persone che aveva dichiarato guerra agli amici di Torre del Greco tra cui un latitante che si faceva chiamare Simone ma che poi ho saputo si chiama Vastiano (com’è noto Sebastiano Tutti), Cirotto ‘a marchesa (Ciro Grieco), Francuccio ‘a zinniata (Francesco Accardo) e tale picciuotto (Antonio Mennella). Dopo pochi giorni, io e Antonio culo rotto fummo incaricati di andare a casa di Isidoro Di Gioia perché ci doveva mettere a disposizione armi e soldi per affittare un appartamento”.
Qualche giorno dopo il killer pentito raggiunse l’abitazione dell’erede del boss per incamerare i dettagli del piano criminale e i soldi necessari per l’organizzazione dell’agguato: “…Ricordo che sono entrato in un palazzo e dopo una prima scala c’era casa sua. C’era un terrazzo grande e lì ci siamo seduti per parlare: era circa mezzogiorno e Isidoro Di Gioia, alla presenza della madre e di un ragazzo che non avevo mai visto, mi disse che di lì a pochi giorni avrebbe dovuto prendere 40/50.000 euro dai pescatori del porto”. Ma i carabiieri fecero un blitz nel covo e scoprirono le armi che era destinate all’agguato. Ma Isidoro Di Gioia non si arrese e infatti racconta ancora il pentito: “…Poiché Isidoro Di Gioia insisteva affinché il clan Ascione-Papale supportasse con i propri uomini il suo progetto di vendetta io di lì a qualche settimana fui inviato nuovamente a Torre del Greco proprio per parlare con lui. Nel corso della riunione, feci sapere a Isidoro Di Gioia che eravamo disposti a soddisfare la sua sete di vendetta, ma che occorreva che mettesse a disposizione del commando una nuova abitazione a Torre del Greco come base logistica per eseguire l’omicidio nonché armi e denaro per ricompensare i killers: il figlio di Gaetano Di Gioia mi rispose che avrebbe pensato a tutto lui, mettendo a disposizione diecimila euro che nel giro di pochi giorni avrebbe ottenuto da alcuni pescatori sottoposti a estorsione”. Ma anche questo piano fallì perchè Francesco ccardo, la vittima designata, volle incontrare Ciro Montella e si organizzò un summit nella pineta nei pressi dell’ospedale Maresca. racconta ancora il pentito: “…si ricordò che Gaetano Di Gioia era stato ucciso perchè per mettersi con gli Ascione di ercolano aveva abbandonato i carcerati del suo gruppo a cui non corrispondeva più la mesata. Alla fine della riunioe concordammo che non aveva senso farci la guerra. Anzi cominciammo a mettere a disposizione gli uni degli altri”.
(nella foto da sinistra il boss ucciso Gaetano Di Gioia, detto ‘o tappo e il figlio, oggi pentito, Isidoro)