Divisi in due carceri diverse i cinque del branco di San Valentino. L’ex sindaco Corazziere: “Chiedo scusa e perdono alla ragazza e alla famiglia”

Sono stati divisi i cinque del branco di San Valentino Torio che domenica scorsa hanno violentato in gruppo e a turno una quindicenne di Sarno in in garage dove l’avevano portata con la forza dopo che uno dei cinque l’aveva attirata in un appuntamento trappola. Due sono stati rinchiusi da ieri sera nella struttura carceraria minorile di Nisida e altri tre invece in quella di Airola in provincia di Avellino. Il gravissimo episodio continua a tenere banco nelle discussioni in tutto l’Agro Nocerino. E stamane sul quotidiano la Città è intervenuto l’ex sindaco e professore oramai in pensione Giuseppe Corazziere. “Questa storia è un’offesa alla nostra città. A nome mio personale chiedo scusa e perdono a questa ragazza e ai sui familiari e alla città di Sarno”, ha spiegato con la sua solita passione di uomo che ha trascorso una vita  tra i ragazzi a capire le esigenze e i disagi, cinque anni ad amministrare il suo paese per creare una città a misura d’uomo. «Siamo tutti allibiti per quello che è accaduto – dice Corazziere – ci sono tante vittime, in questa storia. E mi sono reso conto con gli anni che un ragazzo quando fa gruppo diventa incontrollabile. Non conta più l’educazione ricevuta». San Valentino Torio è un piccolo paese di provincia, forse cresciuto troppo in fretta. «Da paese di lavoratori del mondo agricolo, si è evoluto con le grosse imprese di trasporto, ma forse nel sociale non siamo riusciti a stare al passo con i tempi». Un episodio che induce a un’analisi complessiva del paese. Le abitudini dei giovani, i luoghi di aggregazione che restano una piazza o un locale. «Quando si verificano fenomeni del genere significa che c’è un fallimento di base a 360 gradi – dice – Eppure, in questi anni si sono create molte cose, ci sono forme di associazionismo, manifestazioni come l’infiorata che attraggono turisti. E poi, quando ci sono episodi del genere, sembra che non si è lavorato abbastanza, non si è creato nulla per far cresce i giovani di questa città». E poi aggiunge. «Non possiamo assumere l’atteggiamento dei professori, o dei censori, bisogna pensare a creare aggregazione intorno a dei valori umani e reali, ben coscienti che non è sempre possibile controllare un giovane quando è solo o, peggio ancora, insieme con altri». Ma da padre e da educatore cosa pensa rispetto a questa violenza di gruppo ai danni di una ragazzina? «Quest’azione è stata un’offesa prima verso se stessi, poi nei confronti dei familiari e di un paese intero». Un’immagine, quella del paese del branco che da giorni passa su giornali, tv e social. «Qualcuno mi diceva – dice – che prova un senso di colpa, una ritrosia a dire “sono di San Valentino Torio” quando si va fuori dal paese. Ora, penso sia giunto il momento di riflettere su quello che è accaduto. È importante assumere un atteggiamento di rigore e di condanna». E infine ribadisce: «Sento il bisogno di chiedere scusa, a nome mio personale, a quella ragazza e ai suoi familiari. Scusa e perdono». (r. f.)

 


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