E’ una delle tante vittime della sanguionsa faida di Ercolano: Giuseppe Di Dato alias “Peppe ’a parella” o “Peppe ‘o pazz” . E’ scomparso nel nulla nella notte del 17 ottobre del 2008 e ora si la certezza che sia rimasto vittima della lupara bianca. La scomparsa di Di Dato fu de- nunciata dai familiari e arrivò anche alla trasmissione televisiva “Chi l’ha visto?”. Dalle 309 pagine dell’ordinanza di custodia cautelare che l’altra mattina ha portato in carcere 24 tra boss e affiliati dei clan un guerra gli Ascione-Papale e i Birra-Iacomino, emerge invece la sconcertante verità. Ad ucciderlo sarebbe stato il clan di quelli del “canalone” su ordine del boss Natale Dantese. Ne ha parlato il pentito Ciro Gaudino, il quale spiegando ai magistrati della Dda il ruolo all’interno dela clan di Giacomo Porcelli, meglio noto come “Patrizio” o “Ivan” ha sostenuto che Patrizio era uno stretto collaboratore di Natale Dantese sempre presente a casa di quest’ultimo, anche nelle occasioni in cui bisognava parlare di omicidi. Gaudino dichiarava che, proprio in considerazione del legame con Dantese, era sua convinzione che Porcelli fosse una delle persone coinvolte nell’omicidio di “Peppe a’ perella”. Questo suo convincimento veniva, poi, confermato da una frase del Dantese, il quale gli diceva che “Patrizio” aveva già lavorato per lui nell’omicidio di “Peppe a’ perella”. Ad ulteriore conferma di questa tesi ci sono le registrazioni dei colloqui in carcere tra il boss pentito Giovanni Durantini con la moglie Luisa Di Dato e il fratello Francesco “Boninsegna”. L’ex boss aveva chiesto ai suoi familiari: “Ma che fine ha fatt Pepp ’o pazz?”, e il fratello rispose: “A quello, secondo me, gli hanno fatto la cartella,ne sono convinto, lo hanno portato sul Vesuvio, lo hanno ucciso e lo hanno buttato dentro”. Ma perché tanto odio nei confronti di una persona che non aveva niente a che fare con la camorra? E che aveva problemi pischici. “Peppe ‘o pazz avrebbe fatto gesti offensivi e pronunciato frasi inguiriose nei confronti persone del clan tra cui delle donne e per questo andava punito.
(nella foto Giuseppe Di Dato)
