Faida al Cavone, i “guaglioni” dei Festa chiedono lo sconto di pena

Rapina a mano armata, violenza privata, detenzione e porto illegale di armi. Tutti i reati sono aggravati dal metodo mafioso. Chiuse le indagini nei confronti di Salvatore Festa, 20enne, figlio del boss Gaetano, e due suoi “amici”, Salvatore Alfano e Carmine Moliterno, il primo 36enne e l’altro 24enne che in sede di giudizio immediato hanno scelto di essere giudicati secondo il rito abbreviato. Come scrive il Roma in edicola è partito  il processo nei confronti dei tre che secondo l’accusa volevano imporre il predominio del loro nuovo gruppo criminale formato da pochissime persone e volevano farlo cercando in ogni modo di cacciare via dal Cavone, la strada che da piazza Mazzini corre verso piazza Dante, il gruppo rivale. E pertanto avevano preso di mira Giuseppe Tommasino detto “Peppone”, ritenuto vicino al gruppo rivale, quello che fa capo agli Esposito. Le investigazioni delle forze dell’ordine, coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia di Napoli, hanno portato alla luce una serie di “frizioni” tra il gruppo Festa e quello Esposito, per il controllo della vendita dell’hashish, della cocaina, e per un giro di estorsioni da imporre ai negozianti del quartiere: affari che sfruttano svariati di migliaia di euro al mese. È emerso così che il 9 luglio dello scorso anno, Giuseppe Tommasino era entrato in contrasto con i tre. Nel pomeriggio era stato avvicinato da due ragazzi e rapinato, con una pistola puntata in faccia, del suo scooter. Erano Salvatore Festa e Salvatore Alfano, che minacciandolo si erano fatti consegnare il suo ciclomotore, poco dopo ritrovato incendiato vicino piazza Mancini. Nella tarda serata dello stesso giorno poi, è si scoprì, che Carmine Moliterno, in sella ad uno scooter,  arrivò sotto casa della vittima e cominciò a urlare ea minacciarlominacce contro la sua persona, esplodendo poi tre colpi di arma da fuoco in direzione del balcone.


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