Napoli, tra i falsi invalidi c’è anche il nipote omonimo del boss Raffaele Stolder il “re della banda del buco”

 Il suo nome, tra quelli dei 27 indagati in questa tranche di inchiesta sui falsi invalidi di Napoli condotta dai carabinieri di Posillipo guidati dal capitano Nicola Quartarone, spicca perche’ e’ lo stesso di un boss che ha fatto la storia della camorra del secolo scorso a Napoli. Raffaele Stolder, 30 anni, omonimo dell’ex boss di Forcella, cognato dei piu’ noti Giuliano, e’ agli arresti domiciliari per truffa ai danni dell’Inps, avendo percepito indebitamente una pensione di invalidita’ dal 2009 per quasi 29mila euro grazie a una pratica falsa incardinata al distretto 53 dell’Asl Napoli 1, quello che fa capo alla IV municiplaita’, nel quartiere di Ponticelli.  Raffaele Stolder junior non ha lo spessore criminale del nonno 58enne, ‘re’ delle rapine in banca attraverso le fogne, grande riciclatore di denaro sporco a San Marino, corruttore di medici che, per ottenere i domiciliari per motivi di salute, genero’ una inchiesta che quasi smantello’ per l’alto numero di personale indagato il reparto di Nefrologia dell’ospedale Cardarelli di Napoli, protagonista di lunghe permanenze nelle carceri italiane anche al 41bis. Il 30enne finora aveva precedenti solo per reati contro il patrimonio e la persona. Ora invece e’ anche destinatario del provvedimento di sequestro preventivo beni per 1,7 milioni di euro emesso dal gip partenopeo Claudio Marcopido nei confronti dei fruitori finali di un sistema ben collaudato scoperto dai militari dell’Arma nel 2009, che hanno gia’ ottenuto 421 arresti e sequestrato beni per 24 milioni di euro. Anche nei 27 casi odierni, 11 dei quali riguardano donne, le pratiche, complice una legge poi modificata nel 2010, erano truccate ‘a valle’, con la esibizione di una certificazione falsa dell’esito della visita della Commissione specifica, oppure ‘a monte’ con la presentazione di un modulo contraffatto. In ogni caso, il numero di protocollo del verbale di visita corrispondeva al verbale vero di un’altra persona. Quindi, l’Inps in buona fede erogava pensioni di invalidita’ a persone mai visitate dalla commissione o la cui percentuale di invalidita’ era stata molto modificata. Solo i riscontri incrociati di dati dell’Asl e della municipalita’, come capillarmente fatto dai carabinieri, potevano portare alla scoperta dell’inganno.


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