Si è pentito anche Carlo Lo Russo, è la fine dei “Capitoni”: volevano tagliare la testa a Mallo e metterla in un water

Si è pentito anche Carlo Lo Russo, “zio Carlo”. Con il passaggio dalla parte dello Stato lo storico clan dei “Capitoni” di Miano in pratica è messo fuori gioco. La decisione è stata presa pochi giorni fa e il suo primo verbale, come scrive il Roma in edicola è del 6 luglio. Dieci pagine nelle quali ha deciso di raccontare subito un paio di cose che rendono chiare la sua attendibilità come pentito. Ecco il suo racconto:

“Ho deciso di pentirmi ancora prima che mi venisse notificata l’ordinanza dell’omicidio di Pasquale Izzi. Ma voglio dire che mia moglie non è colpevole. Non riesco a perdonarmi che sia in carcere per colpa mia. Voglio cambiare vita e riuscirò a farlo grazie alla mia nuova compagna che mi ha aiutato e incoraggiato in questa scelta. Ci siamo scritti molte lettere. Chiedo pertanto di proteggerla subito perché ci sono persone che potrebbero farle del male. Tra cui gli uomini di Ciro Perfetto e Antonio Buono. Posso chiarire la mia posizione sia da quando ero giovane: ho commesso moltissimi omicidi”.

IL DIRETTORIO

“A comandare era mio fratello Giuseppe, anche quando era in carcere. Lo faceva tramite delle lettere che erano cifrate. Quando è stato scarcerato Salvatore è diventato lui il capo della cosca, poi sono uscito io e pur se prendevo direttive da mio fratello ero riuscito a riorganizzare il clan. Ho ripreso il comando del clan di famiglia seguendo le istruzioni di Peppe che mi aveva dato indicazione. Ho quindi chiamato a me i miei uomini: Ciro Perfetto, Luigi Cutarelli, Buono, Cerasuolo, mio figlio, Giulio De Angioletti il quale è vivo per miracolo. Mi ha mancato di rispetto perché si prendeva per sé i soldi delle estorsioni negli ospedali. A quel punto ho affidato tutto ad Antonello Festa che mi versa 15mila euro al mese. Giulio si occupa anche dell’ospedale Policlinico. Le cose andavano bene ma poi a settembre sono iniziati gli omicidi”.

A MALLO GLI DOVEVAMO TAGLIARE LA TESTA E METTERLA IN UN WATER

“Avevo intenzione di uccidere Salvatore Scognamiglio che si era messo contro la mia famiglia con Totoriello. Si era organizzato contro mio figlio Salvatore e questo non potevo perdonarglielo. Io quando avevo permessi premio nel 2013 ho avuto modo spesso di avere notizie dalla mia famiglia che veniva da me a salutarmi. Pietro Esposito alla Sanità è morto perché mi ha mancato di rispetto. Walter Mallo invece ho provato in ogni modo ad ucciderlo ma non ci sono riuscito. Avete fatto prima voi ad arrestarlo. Ho dato mandato a Luigi Cutarelli di ammazzarlo poi tagliargli la testa, comprare un water e mettergliela dentro al centro del rione Don Guanella. Lui era salito a Miano dopo l’omicidio Esposito, con “’a patana” e stava dando fastidio alle nostre piazze, chiedendo il pizzo. La sua morte venne decretata quando venne a sparare sotto al bar Mexico a Miano. Dava fastidio solo a noi e non ai Licciardi. Con i Tolomelli e i Licciardi c’era un patto di non belligeranza ma io appena avrei potuto li avrei sterminati tutti”.

L’OMICIDIO DI PASQUALE IZZI

“Ho fatto uccidere io Pasquale Izzi, ma non perché mi era antipatico come avete ipotizzato voi ma perché ho saputo che mi aveva fatto la filata per farmi uccidere. Io andavo spesso a correre ad un campetto vicino casa mia e un ragazzo mi mandò una lettera dal carcere dicendomi che Antonio Genidoni e Fabio Cardillo volevano ammazzarmi e che Izzi poteva fare la filatA. Difatti dal campetto dove correvo la mattina si vede la casa di Izzi. Già provammo ad ucciderlo a Natale ma non ci riu- scimmo. Oltre alle persone che avete arrestato ci sono altre persone che sono coinvolte nel- l’omicidio”.

LA DROGA ACQUISTATA A DUBAI

“Fino a che non sono tornato in libertà nel luglio del 2015, ho avuto spesso dei permessi premio e quando ero nel centro di accoglienza ad Agrigento arrivavano i miei familiari che di volta in volta mi portavano dei telefoni e delle schede pulite dalle quali io facevo telefonate ai miei affiliati e or- ganizzavo il clan. Quando sono stato scarcerato, pochi giorni dopo ho affittato un gommone e sono andato ad Ischia con i miei familiari, mia moglie ed ho parlato di affari. Volevo fare droga per fare  soldi. E allora ho preso lo stesso canale che aveva mio nipote Salvatore Lo Russo “’o signore”. Lui prendeva la droga a Dubai a 32 al chilo, la rivendeva alle piazza a 40,5. Io allora decisi di importarla a 32 e rivenderla ai miei fratelli e ai miei nipoti a 39”.

IL TESORETTO ALL’AMANTE

“Ho dato diversi soldi in giro a diversi affiliati che mi rimborsavano con 1.500 euro al mese solo gli interessi. Poi ho dato 45mila euro alla mia amante, quei soldi sono ancora lì”.


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