L’obiettivo di Salvatore Esposito, boss del Cavone era di creare un supercartello di camorra del centro di Napoli simile alla vecchia “Alleanza di Secondigliano” per controllare e gestire non sono il traffico di droga ma tutte le attivita illecite e soprattutto imporre il prezzo della droga ovunque. Ha pagato con la morte questo suo ambizioso progetto e con lui Ciro Marfé, uomo dei Contini, mentre è rimasto ferito Pasquale Amodio, referente dei nuovi Giuliano di Forcella. Gli investigatori stanno mettendo insieme tutte le tessere del mosaico per dare una spiegazione all’agguato di vico delle Nocelle a Materdei di due giorni fa perché dietro di esso potrebbe celarsi, questa volta, una nuova e sanguionosa guerra di camorra che vedrebbe coinvolti più clan. A meno che non siano stati gli stessi vertici dei clan che le vittime consideravano alleati a dare il consenso dell’agguato. Solo così si può spiegare il fatto che nessuno fosse armato o quanto meno che non vi fossero sentinelle a presidiare il luogo del summit, come solitamente avviene. Si sentivano troppo sicuri? Sono stati traditi da più persone? Interrogativi a cui stanno cercando di dare una risposta gli inevstigatori. Un fatto è comunque certo: non vi erano soltanto loro tre al summit ma almeno altre tre persone che sono riuscite a sfuggire ai killer e a dileguarsi. Che ruolo avevano? E perché non sono intervenute? O meglio lo hanno fatto solo per coprire la fuga dell’unico superstite dell’agguato Pasquale Amodio e scortarlo in ospedale con l’ambulanza “requisita”. L’obiettivo del boss del Cavone era quello di creare questo unico grande cartello criminale che partendo da Piazza Garibaldi, attraversasse, Forcella, i Quartieri Spagnoli, Borgo Sant’Antonio Abate, la Sanità, Materdei e spingersi fino al Vomero e all’Arenella. Ambizione che gli è costata la vita perché si era fatto troppi nemici, soprattutto tra quelli esclusi dal progetto e tra quelli che lo vedevano come una minaccia. E quindi da eliminare subito, come hanno fatto.