E’ il nuovo business di esportazione della camorra made in Napoli: la vendita sulle spiagge italiane del cocco. Chi lo gestisce, alla fine dell’estate, si porta a casa dagli 800 mila al milione di euro ovviamente esentasse. La Sardegna questa estate è stata la meta preferita degli uomini del clan Contini del Vasto che gestiscono il business. E non a caso tutti i “dipendenti” – sfruttati e ovviamente pagati al nero – rispondono agli ordini di un uomo già noto alle forze dell’ordine legato appunto alla cosca di Eduardo ‘ o romano. E’ un esercito fatto di centinaia di persone che vengono reclutate in primavera a Napoli e che devono essere tutti incensurati e che ogni estate si dividono per le spiagge italiane della Sardegna , della Riviera Romagnola, del Veneto, del Lazio e naturalmente della Campania. Ma non c’è solo il clan Contini dietro il business del “cocco fresco, cocco bello” che porta soldi puliti nelle casse senza troppi sforzi con guadagni enormi rispetto alle spese. I clan della sanità di Soccavo e di San Giovanni a Teduccio si sono divisi le piezze del centro Nord italiano, Sardegna compresa. Le stime fornite dagli investigatori parlano di un milione per ciascun gruppo di paranze. E non sono cifre campate in aria. Per tre mesi di guadagni ciascun boss che sfrutta i venditori di cocco introita minimo 900mila euro. Soldi freschi, puliti, che finiscono in buona parte nelle casse della camorra. Denaro non tracciato e pronto ad essere riutilizzato per investire in altre attività illecite. A cominciare dal traffico di drogaUn affare che nonostante lo sfruttamento riesce a fare guadagnare anche a chi come i venditori che sudano per una giornata intera in lungo e largo sulle spiagge e sotto il sole cocente e che riescono a portare a casa un guadgano di 2500 euro vitto e alloggio compreso ogni mese. Il quotidiano il Mattino in una propria inchiesta ha parlato del business facendo parlare anche un venditore che ha spiegato: “Ho solo un piccolo precedente, roba vecchia. Sono sposato e ho tre figli da mantenere. Vengo dalla zona di Foria e questo per me è il secondo anno qui. Il posto l’ho preso grazie a un amico che qui ci ha lavorato per otto anni e quando è stato assunto al Nord mi ha presentato al masto. Beato lui che è riuscito a trovare un lavoro vero…Fino all’anno scorso la porzione costava tre euro. Quest’anno il prezzo è salito a cinque. Su ogni carico venduto ogni giorno io devo portare al capo 200 euro al giorno, ma faccio sempre almeno due tre carichi. In un mese ognuno di noi riesce a fare anche 2500 euro, che equivale al 40 per cento del netto: il resto se lo mette in tasca ‘o mast”. Eppure qualche anno fa dopo una serie di complesse indagini gli uomini della Squadra mobile della Questura di Forlì individuarono e sgominarono il racket della vendita del cocco in spiaggia. Ai domiciliari finirono due napoletani di 72 e 37 anni, padre e figlio, residenti il primo a Cervia, il secondo a Riccione. Ad altre tre persone, appartenenti alla stessa famiglia, venne imposto l’obbligo di presentazione all’autorità giudiziaria, mentre sul registro degli indagati finirono anche altre nove persone, tutti i “dipendenti” della paranza made in Naples. Un ottimo lavoro, quello svolto dai pubblici ministeri forlivesi. Le ipotesi di reato che contestarono agli imputati furono quelle di associazione a delinquere finalizzata all’estorsione; di illecita concorrenza mediante violenza e minacce; di violenza e minacce a pubblico ufficiale e sostituzione di persona. Eppure nemmeno il lavoro degli investigatori romagnoli riuscì a incastrare gli indagati contestando loro – quanto meno – l’aggravante del metodo mafioso. Incensurati. Qualche anno fa proprio in Sardegna i carabinieri riuscirono a incastrare e arrestare due pregiudicati napoletani che gestivano il racket del cocco e che massacrarono di botte uno straniero che aveva “osato” mettersi a vendere in spiaggia il frutto esotico. Vennero condannati per tentato omicidio.