I clan di Napoli dopo la conquista dell’Europa e del Nord Africa ora sbarcano in America

Spagna, Germania, Marocco, Tunisia, San Marino e anche Stati Uniti d’America, questi gli stati esteri sui quali la camorra ed in particolare i clan napoletani hanno messo le mani. I business sono sempre gli stessi: traffici di sostanze stupefacenti o di merce contraffatta, reinvestimento di capitali illeciti in settori ad alta redditività quali la ristorazione, il turismo e le scommesse clandestine. “Ciò dimostra la grande capacità di adattamento e di emancipazione delle dinamiche interne al territorio napoletano che consente ai clan di cogliere con prontezza la “domanda” del mercato illecito, riuscendo ad ampliare in maniera considerevole le rispettive entrate”. Così si legge nella relazione relativa al secondo semestre 2015 sulle attività e risultati conseguiti dalla Direzione Investigativa Antimafia (DIA) e sintetizzata stamane da Il Roma in edicola. Nel documento presentato dal ministero degli Interni sono ricostruite con precisione tutte le attività illecite dei clan napoletani in alcuni paesi dell’area europea ed extraeuropea grazie alle investigazioni della Dia e ai riscontri info-investigativi delle forze dell’ordine estere. Nel semestre in esame le indagini testimoniano come l’organizzazione tenda ad assumere la connotazione di “un vero e proprio sistema criminale in cui vanno ad integrarsi le competenze acquisite da ciascun gruppo nei diversi ambiti dell’illecito”. Per esempio la capacità degli Amato-Pagano di amministrare il business degli stupefacenti li vede in prima linea in Spagna nella gestione di immensi carichi di droga da smistare in Italia e in tutta l’Europa. Ma non solo, si evidenzia anche la capacità di alcuni gruppi di investire i proventi delle attività illecite provenienti da Napoli in alberghi, ristoranti, resort in Germania ovvero mettere le basi in Marocco e Tunisia per gestire al meglio i traffici di droghe leggere e di sigarette di contrabbando. In parole povere gli schemi utilizzati per gestire gli affari nel quartieri di Napoli vengono applicati in larga scala in paesi esteri che non sono pronti a riconoscere e re- primere la criminalità organizzata di stampo camorristico. Nel periodo in esame il ministro dell’Interno ha ribadito il ruolo di “Centralità” assegnato alla Dia che in stretta sinergia con le forze di polizia e chiamata a supportare le locali Autorità di governo e tracciando una pietra miliare nella strategia di nazionale di prevenzione alle mafie.

Cocaina e hashish:  grazie agli “spagnoli” Amato-Pagano

La presenza della camorra in Spagna è da ritenersi ormai storica e funzionale alle necessità di creare basi logistiche per il traffico internazionale di stupefacenti, di riciclare i capitali illeciti in attività imprenditoriali connesse al settore turistico della fascia costiera e di offrire ricovero ai latitanti.  Il territorio iberico rappresenta per le organizzazioni campane sia l’anello di congiunzione con il Nord Africa e l’Europa per l’introduzione di sostanze stupefacenti come la cannabis che il primo approdo utile per l’importazione di cocaina dal Sud America. Grazie proprio alle considerazioni offerte, nel tempo, dagli organi investigativi spagnoli che è possibile oggi tracciare con un minor margine di approssimazione l’operata e la presenza nella penisola iberica di clan camorristici ed in particolare la propensione che il clan Amato-Pagano avrebbe manifestato per operare in Spagna e tale che i suoi affiliati vengono, non a caso, soprannominati “gli spagnoli”. Il capo clan Raffaele Amato, detto “’o Spagnuolo”, arrestato a Marbella, sfruttano gli appoggi del clan in spagna e i contatti diretti con i cartelli colombiani è tato uno dei principali trafficanti di cocaina dell’Europa. Altro gruppo criminale attivo sul territorio iberico e precisamente nella Costa del Sol è il clan Mazzarella, in grado di negoziare importanti partite di hashish e cocaina con gruppi organizzati del Nord Africa. È quanto si riscontra, da ultimo, nell’ordinanza di custodia cautelare eseguita nel mese di luglio del 2015 nell’ambito dell’operazione “Sun Ray”, diretta dalla Procura di Napoli ed avviata a seguito del sequestro avvenuto nei pressi dell’isola di Ventotene di un veliero su cui era stato occultato un carico di hashish proveniente dal Marocco. Una volta sbarcata in Spagna la droga veniva quindi trasportata via terra dalla Costa del Sol all’Italia per essere poi rivenduta nell’area vesuviana e nel Lazio. La filiera per il traffico di sostanze stupefacenti appena descritta ricalca sostanzialmente le modalità operative adottate anche dal clan Nuvoletta. Sempre la Spagna e l’olanda sono risultati i canali di cui si è servita una struttura criminale composta da soggetti contigui al clan Giuliano, arrestati a fine ottobre 2015 attiva nel rifornire di hashish e marijuana le piazze di spaccio del centro storico. È del mese di dicembre sempre 2015 invece l’arresto a Valencia di un latitante vicino al clan De Luca Bossa anche egli trafficante di droga che lavorava sotto falso nome in un ristorante del posto.

Le attività dei clan all’estero: Hotel e ristoranti per ripulire i soldi

Quanto al riciclaggio di capitali illeciti i gruppi napoletani avrebbero nel tempi fortemente diversificato il paniere delle attività. È possibile, tuttavia, tracciare un modus operandi ricorrente che si caratterizza per l’utilizzo di prestanome anche del Paese ospitante soprattutto nel mercato immobiliare ed in quello alberghiero. Strettamente correlato a quest’ambito risulta poi la smercio di euro fal-
si che investigatori spagnoli vedrebbero in buona parte riconducibili a gruppi sempre di Napoli. Ma anche le classiche paranze di rapinarolex che specie in estate arrivano nelle mete spagnole più frequentate dagli stranieri come Ibiza e Barcellona non sono altro che l’espressione di gruppi “costola” dei can specie dei Quartieri Spagnoli, rione Sa- nità e Forcella.

Il grande salto dei Licciardi fino lla Germania

Quelle in Spagna non sono le uniche infiltrazioni dei clan napoletani all’estero. Sempre dalla relazione del ministero dell’Interno sulle attività e risultati della Direziona Investigativa antimafia relativa al secondo semestre del 2015 vengono segnalati altri paesi in cui in clan stanno facendo affari. È il caso della Germania dove oltre ai clan di Napoli hanno di-versi interessi anche i Casalesi. Le azioni delle cosche napoletane e casertane in Germania mirano in particolare a creare ulteriori canali per il reimpiego e riciclaggio dei proventi illeciti. A ciò sono affiancate attività delittuose perpetrate direttamente e che spaziano dalla distribuzione di abbigliamento contraffatto, quasi sempre con marchi del Made in Italy, alla messa in circolazione di monete false, fino al traffico di veicoli rubati. Nello specifico le attività investigative condotte in Germania hanno accertato, fin dagli anni ’80 la disponibilità di riferimenti stabili sul territorio in particolare in alcune regioni quali Assia, Renania Settentrionale-Vestafalia, Baden-Wurttemberg e Baviera dei clan Licciardi, Moccia, Cava e Ascione. Interessi delle cosche napoletane anche nella Repubblica di San Marino.

I Casalesi a San Marino

Qui è stata, in passato, accertata l’operatività del clan dei Casalesi, attivi nel reinvestire i capitali illeciti. altri gruppi campani tracciati nel tempo nel piccolo Stato di San Marino sono: Vallefuoco, Marinello, Stoder, Sacco-Bocchetti-Cesarano, Schiavone, Di Lauro, Mazzarella e Zaza. Nel descrivere le proiezioni delle organizzazioni criminali napoletane in Spagna si è fatto più volte riferimento al ruolo logisticamente strategico nel traffico internazionale degli stupefacenti, ricoperto dai Paesi del Nord Africa, con un esplicito rimando al Marocco. Le indagini raccolte nel semestre del 2015 rilevano come le stesse basi logistiche, in particolare quelle tunisine, siano diventate strumentali anche per il contrabbando internazionale di tabacchi lavorati esteri organizzato da elementi del clan Aquino-Annuziata di Boscoreale.

I camorristi negli States

Nella relazione, infine, si fa cenno a come la camorra si stata ricompresa, a seguito di una direttiva del Presidente Barack Obama, nella black list delle associazioni di criminalità organizzata più pericolose degli Stati Uniti d’America. Attualmente l’Fbi segnala che la camorra, negli Usa può contare sulla presenza di circa 200 affiliati molti dei quali migrati durante le guerre di camorra.


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