I pentiti: “I Contini? Più che una cosca è un’impresa che produce milioni. Hanno un tesoro”

Giuseppe e Teodoro De Rosa, padre e figlio, le due gole profonde del clan Contini stanno spiegando alla Dda di Napoli tutti gli affari dell cosca del Vasto-Arenaccia ma soprattutto stanno spiegando da cosa è composto e dove si trova il tesoro di Eduardo ‘ o romano. “Più che una cosca è un’impresa che produce milioni. Hanno un tesoro”. La parte imprenditoriale del clan è sotto processo. Lo stesso pm della Dda come ha raccontato Il Roma ha spiegato: “Più che un clan, i Contini, sono una famiglia imprenditoriale e sono due le cosche che hanno raccolto i milioni di euro e li hanno riciclato in bar, locali alla moda, e anche imprese del tutto insospettabili con le famiglie Righi e  Di Carluccio”.

LE IMPRESE. Il gruppo d’impresa Di Carluccio ruota intorno ai fratelli Ciro, Antonio e Gerardo, figli del defunto Edoardo, contrabbandiere negli anni ’70 legato ai Nuvoletta. A Ciro ed Antonio è contestata l’organica partecipazione al clan Contini, mentre a tutti è contestata la direzione di un’autonoma associazione a delinquere finalizzata al reinvestimento di proventi criminali delle attività di tale organizzazione in aziende commerciali di diversa tipologia. Le ricostruzioni investigative hanno dimostrato che a metà degli anni ’90 i Di Carluccio cominciarono ad acquisire impianti di distribuzione di carburante (il primo fu quello di un’area di servizio sita lungo la Tangenziale di Napoli), sia accompagnando le trattative ad atti di intimidazione, che investendo in tali attività ingenti provviste di non chiara provenienza, posto che essi – oltre ad essere del tutto estranei a quel settore imprenditoriale – avevano dichiarato redditi bassissimi o addirittura inesistenti. Sia le dichiarazioni di collaboratori di giustizia che altri elementi acquisiti nel corso delle indagini hanno evidenziato che Ciro Di Carluccio è stato coinvolto, sia all’epoca dell’acquisizione di impianti di distribuzione di carburante che successivamente, in episodi estorsivi ed ha progressivamente assunto il ruolo di fiduciario della famiglia Contini, specie nel periodo in cui Edoardo trascorreva la sua latitanza. Ciro è a capo di una vera e propria holding operante in diversi settori economici e finanziari, che spaziano dal commercio al dettaglio di carburanti ai bar, dal commercio di oro e preziosi, agli investimenti immobiliari, alla concessione di prestiti a soggetti in difficoltà economiche.
IL BUSINESS. A Roma ed in Versilia si registra la presenza di un altro assai significativo gruppo imprenditoriale, diretto dai fratelli napoletani Salvatore, Antonio e Luigi Righi, trasferitisi a Roma a metà degli anni ’90, dove hanno progressivamente creato anch’essi una vera e propria holding nel settore della ristorazione che, operando, per lo più con il noto marchio “Pizza Ciro”, si è insediata stabilmente, con svariati locali, nelle zone di pregio del Centro storico della capitale. Ad essi è contestato il concorso esterno al clan camorristico Contini, nonché la direzione di un’autonoma associazione a delinquere finalizzata al reinvestimento di proventi criminali delle attività di tale organizzazione in molteplici società commerciali. Snodo decisivo ai fini di una compiuta comprensione della storia criminale ed economica della famiglia Righi, è costituito dal sequestro di persona a scopo di estorsione commesso nel 1983 in danno di Luigi Presta, notissimo gioielliere partenopeo le cui attività ruotavano nella zona del Buvero. Il sequestro di persona si concluse con la liberazione dell’ostaggio nel mese di marzo 1983, con il pagamento di un riscatto ammontante ad un miliardo e 700 milioni di lire. Qualche anno dopo, Salvatore e Luigi Righi vennero condannati a sei anni di reclusione per il riciclaggio di parte della somma pagata per il riscatto del gioielliere. Negli anni successivi al sequestro, i Righi avviavano una prima fase di acquisizioni societarie e commerciali nella città di Napoli, in particolare da via Foria.

(nella foto Giuseppe De Rosa)


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