Centinaia di migliaia di euro dati in prestito, anche a persone insospettabili, per intascare ogni mese una lucrosa rendita. Eccolo uno dei business di Carlo Lo Russo, l’ex boss di Miano, un tempo capo del potente clan dei Capitoni e da alcune settimane collaboratore di giustizia. Nelle sue ricostruzioni da pentito spuntano ora non solo nomi di affiliati ma anche nomi che non ci si aspetta. Al momento la Dda ha coperto con “omissis” i passaggi più delicati delle dichiarazioni di Lo Russo depositate giorni fa al Riesame, segno che ci sono nuove indagini in corso. È il primo atto della fase investigativa che si è aperta dopo il pentimento di uno degli ultimi capi della camorra di Miano e dintorni. Un ampio capitolo è dedicato alla gestione degli appalti negli ospedali cittadini. La Dda ha già ricostruito, in una recente inchiesta coordinata dai pm Enrica Parascandolo e Henry John Woodcock, come il clan riusciva ad assicurarsi che il servizio di pulizia fosse affidato a ditte “amiche” tanto che Lo Russo ha ammesso: “È tutto come avete ricostruito nell’indagine. 20mila euro li ho dati a Giulio De Angioletti a febbraio – ha raccontato – che mi dava 1600 euro al mese di interesse tramite una persona del Policlinico di cui non mi ha però mai fatto il nome. A me conveniva e ho accettato. Giulio mi ha sempre detto che se fosse successo qualcosa a lui potevo rivolgermi al figlio Carmine che sapeva tutto”. Non è tutto. Lo Russo ha promesso ancora rivelazioni. “Spiegherò in dettaglio anche l’evoluzione dei miei rapporti con De Angioletti con il quale ho avuto un grosso litigio ed è vivo per miracolo… Giulio aveva rapporti con la società Kuadra (la ditta collegata agli appalti finiti all’attenzione degli inquirenti che indagano sulle infiltrazioni della camorra nel settore delle pulizie all’interno degli ospedali di Napoli). I rapporti risalgono al tempo in cui c’era mio fratello Peppe e sono andati avanti negli anni con Tonino mio nipote. Comunque – ha precisato l’ex boss – Giulio era il mio delegato per i rapporti con questa società Kuadra e per tutto quello che riguardava gli ospedali, lui in particolare aveva rapporti con questa persona del Policlinico»”. E ne ha fatto il nome, top secret per il momento perché le indagini sono appena avviate. Si indaga anche su come l’ex boss abbia potuto usufruire in carcere di telefoni cellulari, “puliti” come dice lui, cioè non intercettati. “Avevo in cella un cellulare tramite il quale ho chiamato Lelluccio” ha ammesso, ricordando anche i colloqui in carcere con un paio di affiliati che sarebbero andati a trovarlo presentandosi con altre generalità , con documenti falsi. “Anche durante i permessi di cui ho usufruito nel centro di accoglienza in Sicilia parlavo liberamente non solo con il telefono di mia moglie ma anche con dei telefoni che non avete intercettato. Ad ogni permesso mi portavano dei telefoni così ero sicuro che fossero puliti”. Ora si indaga per trovare i riscontri alle dichiarazioni di Lo Russo e testare la sua attendibilità come pentito.
(nella foto l’ospedale Cardarelli e nei riquadri da siistra Carlo Lo Russo, mario Lo Russo e Giulio De Angioletti)