“A sparare contro la caserma dei carabinieri di Miano è stato Umberto Accurso. Lui il mandante” E il movente? L’esecuzione del provvedimento con il quale i carabinieri sono andati a togliergli i figli minorenni per portarli in comunità. Era un sospetto, una pista investigativa. Adesso si tratta di una accusa ben precisa scritta nero su bianco in una relazione che è stata siglata dalla Direzione distrettuale antimafia e portata al ministero che la scorsa settimana ha inflitto il carcere duro al boss appena trentenne accusato di quattro omicidi, assolto da uno, e sotto processo per traffico di droga e associazione camorristica con l’aggravante di essere capo e promotore. La notizia viene riportata dal quotidiano Il Roma: secondo l’Antimafia Accurso è uno dei leader del gruppo della Vanella Grassi. Un personaggio di spessore della cosca che è in grado di comandare anche se detenuto. Ne è convita l’Antimafia che ha deciso così di chiedere al Ministero l’applicazione del provvedimento restrittivo del carcere duro. Isolamento come spetta ai boss di calibro. E così lui, come i capi di “Gomorra” resta detenuto al carcere duro. Il colloquio con i familiari sarà una volta al mese e davanti ad un vetro divisorio. Sarà in isolamento quasi venti ore al giorno, mentre per il resto del tempo avrà a disposizione un po’ di socialità ma solo ed esclusivamente controllato a vista. Quasi tutti i capi di Secondigliano e Scampia sono detenuti al carcere duro. Alcuni addirittura da decenni: Paolo Di Lauro, Cosimo Di Lauro ma anche Raffaele Amato, Cesare Pagano e tutta una serie di personaggi di spessore che ruotano attorno a loro due. Al carcere duro ci sono anche i capi storici della camorra napoletana di Secondigliano: Vincenzo Licciardi, Patrizio Bosti, Eduardo Contini.