“La paranza dei bambini”, in uscita il nuovo libro di Saviano e il film denuncia di Michele Santoro

C’è un’immagine di qualche anno fa di quelle che restano impresse, capaci di evocare un mondo e in questo caso un inferno: è quella di Ciro (Ciro Petrone detto Pisellino), pelle e ossa in costume al mare che urla e ride mentre spara all’acqua con un kalashnikov in mano. E’ una scena potente di Gomorra di Matteo Garrone, Grand Prix al festival di Cannes nel 2008, tratto dal bestseller di Roberto Saviano che ha compiuto 10 anni a marzo. Ciro l’immortale, Genny Savastano, la jena Scianel – popolari personaggi della omonima serie tv – sono venuti dopo, ma l’archetipo è quello. Nel frattempo la cronaca, quella insanguinata della nuova guerra di camorra è andata tristemente avanti e così pure quella giudiziaria con le nuove ultime condanne un mese fa: in entrambi i casi a colpire è l’età dei nuovi boss, giovane, giovanissima. E’ La paranza dei bambini, come Roberto Saviano ha intitolato il nuovo atteso romanzo che uscirà a Natale per Feltrinelli, è Robinù come Michele Santoro ha chiamato il film documentario selezionato per la Mostra del cinema di Venezia, Cinema nel giardino, da lui stesso prodotto con Zerostudio’s e la Videa. Un romanzo e documentario per raccontare lo stesso argomento: quella nuova leva di ragazzini, senza tetto né legge che kalashnikov in mano sparano ad altezza uomo per imporre il loro potere a Napoli e dintorni per il controllo dello spaccio della droga. Un’inchiesta condotta dai pm della Dda Henry John Woodcock e Francesco De Falco e che il 15 giugno scorso ha portato a 43 condanne ha accertato che i giovani feroci boss della camorra napoletana definiti Paranza dei bambini sono un vero e proprio clan, pronto a tutto. Saviano li ‘romanza’ (questa volta è fiction e non più non-fiction, scrive su Facebook l’autore), Santoro li racconta dal vero alternando immagini drammatiche ad interviste choc come quando uno di loro racconta che avere il kalashnikov tra le braccia è come avere una bella donna, Belen. Il giornalista con la passione per i documentari, prossimo al rientro in Rai nella nuova stagione – Robinù sarà una puntata? – intervista due di loro in particolare: Mariano Abbagnara che è stato il killer ragazzino dei D’Amico, il clan che ha in mano tutta la zona orientale di Napoli e che ora sta scontando una condanna a 16 anni nell’Istituto penale minorile di Airola, per omicidio aggravato dalle finalità camorristiche, distruzione e soppressione di cadavere, porto abusivo d’armi e Michele Mazio detto Michelino, condannato a 24 anni per tentato omicidio, lesioni, rapina, detenzione illegale di armi, ha fatto tutta la ‘carriera’ del babyboss in tutti i suoi passaggi: prima rapinatore, passa a sparare e, fattosi notare per le ‘palle’ e la mano ferma, riceve la chiamata del Sistema. Da babyboss ‘maturo’ – ha compiuto 22 anni nel carcere di Poggioreale – non riconosce nessuno dei gruppi della paranza dei bambini attualmente in lotta nel suo rione. Carne da macello, una generazione che non va più a scuola, non parla italiano ma solo un dialetto strettissimo incomprensibile fuori da Napoli, tossicodipendente di quella stessa droga che è la base del loro commercio e del loro potere per ottenere il quale è pronta a perdere tutto dalla famiglia alla vita stessa, secondo lo spirito della paranza, che significa sacrificio estremo pur di comandare. La paranza che da Forcella si insinua nei Decumani, e scende giù fino ai Tribunali e a Porta Capuana: il ventre molle di Napoli. Studiare la paranza dei bambini significa, ha scritto Saviano, “tratteggiare la nuova forma che la camorra napoletana ha assunto: barbe lunghe e corpi completamente tatuati, ma giovanissimi”. “Tu queste cose le devi fare ora. Perché così, se vai in galera per vent’anni, esci e hai tutta la vita davanti”, è – dice Santoro – la concezione del mondo di quei soldati bambino che a 15 anni imparano a sparare, a 20 sono killer consumati e a 30 spesso non ci arrivano nemmeno.


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