Una indagine destinata a creare clamore e un vespaio di polemiche: 22 agenti penitenziari del carcere di Poggioreale sono sotto accusa per percosse e maltrattamenti avvenuti quattro anni fa nei confronti di alcuni detenuti. I pm Giuseppina Loreto e Valentina Rametta, della Procura di Napoli hanno notificato in questi giorni l’avviso di conclusione indagine nei confronti dei 22 indagati preludio alla richiesta di rinvio a giudizio. L’inchiesta, come riporta Il Mattino, è partita dalla denuncia di tre detenuti che avevano lamentato di essere stati malmenati dagli agenti di polizia interna al carcere. Secondo la denuncia “alcuni agenti avrebbero colpito un detenuto con ripetuti schiaffi e pugni, poi lo avrebbero sbattuto contro la porta blindata della cella, provocandogli lesioni e traumi”. In un altro caso, invece, quattro agenti sono imputati perché “approfittando della temporanea perdita di conoscenza dovuta alla patologia epilettica, di cui il detenuto era affetto, lo sottoponevano a misure di rigore non consentite dalla legge, ingiuriandolo, afferrandogli con forza la testa e sbattendola su un tavolino presente all’interno della cella, schiaffeggiandolo, prendendolo a calci e legandogli i piedi e le mani”. Poi c’è un caso in cui, un agente avrebbe chiuso nelle docce della sezione nella quale prestava servizio un detenuto, che sarebbe stato poi percosso e costretto a sottoscrivere una dichiarazione “di esonero da responsabilità , nella quale attestava, contrariamente al vero, la natura accidentale della ferita all’arcata sopraccigliare”. E non è finita. C’è un detenuto che sostiene di “essere stato scaraventato a terra dalla sedia a rotelle da quattro agenti, che poi lo avrebbero preso a calci e a pugni”. Ce n’è anche per un medico, la cui posizione finisce formalmente al vaglio dell’autorità giudiziaria. Più in particolare, il medico avrebbe “stigato gli agenti a maltrattare un detenuto, poi avrebbe strattonato lo stesso detenuto fino a provocargli la rottura della maglietta e della catenina”. Non manca un filone legato alle minacce: in un caso, alcuni agenti avrebbero minacciato un detenuto di “trasferimento presso il padiglione Avellino, dove sarebbe stato impiccato”: minacce – scrivono gli inquirenti – finalizzate a costringere la presunta parte offesa a dichiarare che le lesioni subite erano state provocate da una caduta sotto la doccia. Scenario da prendere con le molle, in attesa di ascoltare la versione degli imputati. Stando a quanto trapelato finora dal versante difensivo, infatti, c’è desiderio di replicare alle accuse e di dimostrare la correttezza della propria condotta. Riguardo ad alcune contestazioni, gli indagati puntano l’indice contro ai presunti punti deboli dell’indagine: ci sono infatti alcuni indagati che sostengono di poter esibire turni di servizio e orari di lavoro, per dimostrare l’assenza dal carcere, quindi l’impossibilità di aver consumato pestaggi o minacce. Materia delicata tocca ora ai pm usare il bisturi in vista di un possibile accertamento in aula delle testimonianze rese dalle parti offese.