Omicidio della prostituta a Pagani: il muratore di Vietri ha un alibi

Un corpo, la ricerca di indizi sulle cause della morte, un presunto omicida, un alibi e la mancanza di un movente: la morte di Nina, al secolo Nikolova Temenuzhka, potrebbe essere tranquillamente uno dei casi per la dottoressa Temperance Brennan, il personaggio televisivo della serie Bones, creato da Kathy Reichs. «Non l’ho uccisa», sostiene Carmine Ferrante, l’indiziato numero uno, arrestato sabato notte per omicidio volontario aggravato. Fornisce un alibi: «Ero a Cava e Mercato San Severino tra il primo pomeriggio e la serata del 12 agosto». Ferrante, 36 anni, casellario giudiziario immacolato, un giudizio pendente per una lite, sarà interrogato stamattina nel carcere di Fuorni dal giudice Luigi Levita. Interrogatorio per la convalida slittato, rispetto alle previsioni, nel quale proverà ancora a chiarire la sua posizione rispetto alle gravi accuse prospettate dalla procura di Nocera e dal sostituto Nesso. Ferrante, assistito dall’avvocato Bernardina Russo, dovrà spiegare nuovamente quali sono stati i suoi spostamenti del 12 agosto. Giorno in cui Nina, bulgara dedita alla prostituzione tra Pagani e Sant’Egidio, è sparita dopo essere andata via con un cliente. Il giorno dopo la scomparsa la denuncia di un’amica preoccupata per il suo mancato ritorno. Sette giorni dopo il ritrovamento del corpo, in via Leopardi, nei pressi del cimitero di Pagani. Carmine Ferrante, individuato da due colleghe della vittima, come il cliente che ha portato via Nina, nega di aver ucciso la prostituta. «Non sono stato io, quel giorno sono stato tra Cava e Mercato San Severino per svolgere la mia attività di fabbro». «Non sono un uomo violento», pare abbia detto ai carabinieri e al pm che lo hanno interrogato per un intero pomeriggio e una serata, cercando di trovare nella sua versione un indizio che lo collegasse alla vittima. Ma Ferrante ha continuato a negare. Poi ha spiegato quella sua passione per le armi: «Pistole giocattolo con il tappo rosso, armi artigianali che non avevano nessuna capacità offensiva». E quel giubbotto antiproiettile? «Sono un appassionato di caccia, l’ho trovato durante una battuta e l’ho portato a casa», pare abbia detto agli inquirenti. Ma a inchiodarlo i filmati delle telecamere di sorveglianza dalle quali è stata estrapolata la targa della Citroen C2 nera, in uso a Ferrante il fabbro di Dragonea, frazione di Vietri. Ma il vero giallo di questa storia è proprio il corpo di Nina. Un corpo devastato dalla decomposizione. Incerte le cause della morte della prostituta. Un’incertezza che sarà chiarita dagli esami istologici disposti in sede di esame autoptico dal medico legale Giovanni Zotti. Nel corso dell’interrogatorio, Ferrante – riconosciuto dalle amiche della vittima come cliente di Nina – non ha fornito elementi sulla prostituta ritrovata morta. Gli inquirenti gli hanno mostrato una foto che l’uomo, sposato e padre di tre figli, non ha riconosciuto. Ma quel rapporto in una sera d’agosto potrebbe anche non presupporre un ricordo nitido e preciso. Su questo aspetto Ferrante potrebbe fornire al gip la sua versione. I reperti ritrovati accanto alla vittima, l’esame dell’auto dell’indiziato, le cause della morte e l’alibi fornito da Ferrante dovranno essere incrociati con i dati acquisiti dai carabinieri del reparto territoriale di Nocera, guidati dal maggiore Enrico Calandro, nel corso dell’udienza di convalida del fermo. Ma la domanda alla quale bisognerà dare una risposta è: com’è morta Nina? Tutti gli elementi raccolti portano a un unico indiziato: Ferrante, in carcere per omicidio aggravato dai futili motivi. (r. f.)

(nella foto il luogo del ritrovamento del corpo e nei riquadri da sinistra Carmine Ferrante e “Nina”)


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