Scafati, le nuove rivelazioni del pentito Loreto: “Bisogna fare un accordo con Aliberti”

 I rapporti tra il clan Loreto-Ridosso ed esponenti della pubblica amministrazione dovevano essere come quelli di Cosa nostra. La nuova strategia criminale fu ideata da Pasquale Loreto e messa in atto dal figlio Alfonso e dai giovani della famiglia Ridosso. «Bisognava entrare anche in rapporti con il sindaco Aliberti – dice Pasquale Loreto, interrogato l’ultima volta il 12 maggio scorso – al quale era necessario far capire la forza del clan». Non più azioni eclatanti che avrebbero attirato l’attenzione delle forze dell’ordine e della stampa. «Bisognava trovare un accordo con il sindaco Aliberti anche per scalzare i Sorrentino che lo avevano appoggiato in precedenza. Accordi politici e con gli imprenditori per accaparrarsi i lavori». La lungimiranza criminale di Loreto viene attuata a partire dal 2010, quando il gruppo criminale Loreto-Ridosso inserisce nella vita amministrativa dell’Ente sue persone di riferimento. Nella richiesta di arresto del pm Montemurro, emergono i legami tra la parte cosiddetta istituzionale e pubblica e il gruppo criminale con velleità imprenditoriali. Rapporti costanti, testimoniati anche dai contatti telefonici che sia il sindaco Pasquale Aliberti che il fratello, hanno con esponenti della famiglia Ridosso. La Dia ha verificato le utenze in uso al primo cittadino, migliaia di contatti telefonici in circa un anno e mezzo, analizzati e confrontati con altri numeri di cellulare di personaggi coinvolti nell’inchiesta. I riscontri alle dichiarazioni dei pentiti Pasquale e Alfonso Loreto, ma anche a quelle di Raffaele Lupo – ex consigliere provinciale e comunale e vicino al clan – avvalorano la tesi dell’antimafia sui rapporti instaurati dai fratelli Aliberti con la camorra. Pasquale Aliberti, il massimo rappresentante delle istituzioni a Scafati, il fratello il tramite tra le istituzioni e la camorra. Ma gli uomini della camorra erano anche nelle istituzioni, secondo l’antimafia. C’erano Roberto Barchiesi – zio dell’ex moglie di Alfonso Loreto, fatto eleggere dal clan nella lista Grande Scafati – e Ciro Petrucci, vicepresidente dell’Acse, manager della Givova e amico stretto di Luigi Ridosso. A testimoniare i rapporti tra istituzione e anti-Stato vi sono decine di telefonate. «I rapporti tra esponenti della criminalità operante su Scafati e il sindaco Aliberti, e il suo entourage, – scrive il pm Montemurro nella sua richiesta di arresto, poi rigettata dal gip Mancini – sono risultati stabili nel tempo e hanno avuto una rapidissima mobilità di azione e di intervento». Le informative della Dia evidenziano i rapporti del sindaco dal 2015 fino a giugno 2016. Ventidue le telefonate con Andrea Ridosso, il laureato dalla faccia pulita. Otto i contatti con Lupo. Mille e 24 telefonate e messaggi con Aniello Longobardi, l’imprenditore che ha confermato le dichiarazioni di Alfonso Loreto in merito ai rapporti tra il primo cittadino e i Ridosso. Longobardi ha raccontato che i rampolli avevano supportato le campagne elettorali di Aliberti e di Monica Paolino, alle regionali del 2015. Le dichiarazioni di Longobardi collimano con quelle di Alfonso Loreto. Ma colui che mantiene rapporti stabili e continuativi con i Ridosso è il fratello del primo cittadino, Nello Aliberti. È lui il tramite tra politica e camorra.(r.f.)

(nella foto il municipio di Scafati e nei riquadri da sinistra il sindaco Pasquale Aliberti e i due pentiti Pasquale Loreto e il figlio Alfonso Loreto)


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