Ha un gemello che risale al 1639 e una sorta di grande antenato nel 1703, il terremoto di magnitudo 6.0 avvenuto nella notte a Rieti. Lo hanno detto la direttrice della Struttura Terremoti dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv) Daniela Pantosti, e il sismologo Massimo Cocco, nella conferenza stampa organizzata dall’istituto. “Entrambi quei terremoti storici hanno prodotto effetti importanti”, ha detto la sismologa. “Quello del 1703 – ha proseguito – è stato un terremoto doppio, che ha colpito sia Norcia sia L’Aquila, anche se è stato molto più forte rispetto a questi, con una magnitudo stimata vicina a 7”. Il terremoto del 1639 “ha colpito la stessa zona del terremoti di Rieti”, ha osservato Cocco. “Sembra proprio il suo gemello – dice Pantosti – perché è avvenuto nello stesso posto, con un’energia simile e producendo effetti simili, anche se bisogna tener conto della densità della popolazione dell’epoca e delle dimensioni dei centri abitati di allora”.
La mappa di pericolosità sismica italiana risale ormai alla fine del 2009, nella sua versione definitiva arrivata dopo il terremoto de L’Aquila, ma i danni prodotti dal terremoto di Rieti indicano che c’è ancora molto da fare, “soprattutto considerando che oltre il 50% delle scuole italiane è stato costruito prima del 1980”, ha detto il sismologo Massimo Cocco, dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv), nella conferenza stampa organizzata dall’istituto. La mappa, ha proseguito Cocco, “è stata accompagnata dal nuovo codice per la costruzione di edifici sicuri: un progresso sostanziale che riguarda l’edilizia nuova e non quella pregressa, che ha bisogno di opere adeguamento e messa in sicurezza”. Per il sismologo Alessandro Amato “in Italia c’è il problema degli edifici precedenti alla classificazione sismica”. Per questo, ha aggiunto, “servirebbero interventi di adeguamento e rinforzo, o di demolizione degli edifici che non hanno un valore storico, come hanno fatto altri Paesi, fra cui Cile e Turchia”.