Roma. Giuseppe Ruggiero, latitante del clan Polverino, è stato tradito dal matrimonio del figlio. E’ stato scovato e catturato in una villetta nei pressi della zona industriale di Santa Palomba a Pomezia – alle porte di Roma – insieme a Carlo Nappi, 66enne. Giuseppe Ruggiero, 53 anni, è uno dei cassieri della cosca e si occupa anche di stupefacenti. Era inserito nella lista dei 100 latitanti più pericolosi d’Italia ed era sfuggito alla cattura nel 2011. Il 3 settembre scorso il figlio si è sposato a Marano, il comune alle porte di Napoli roccaforte del clan. Le capillari indagini dei carabinieri per rintracciarlo insieme a Carlo Nappi, 66 anni, (coordinate dal colonnello Alfonso Pannone del Reparto operativo di Napoli e condotte dal tenente colonnello Lorenzo D’Aloja del Nucleo investigativo di Roma e dal maggiore Roberto Di Costanzo per quello di Napoli) si sono avvalse sia di mezzi tecnici che di indagini tradizionali. Il 53enne, infatti, era noto per la sua prudenza ma anche per il suo attaccamento alla famiglia, che periodicamente vedeva; tuttavia i parenti stretti adottavano precauzioni minuziose per non lasciare tracce agli inquirenti, dalla mancanza di routine quotidiana negli spostamenti all’uso di più auto per compiere un tragitto, magari prendendole in prestito strada facendo da conoscenti. Secondo quanto si è appreso, la villetta di Pomezia in cui sono stati sorpresi dai carabinieri era il loro rifugio da qualche mese, dato che in questi 5 anni di latitanza, hanno cambiato spesso residenza e in diversi luoghi d’Italia; Pomezia, però, e in particolare l’area in cui insiste il covo scoperto dai militari dell’Arma, una villetta abusiva con giardino tra capannoni, era già stata teatro qualche tempo fa di un sequestro di un grande quantitativo di droga importata dai Polverino per approvvigionare le piazze di spaccio della cosca. Ruggiero e Nappi non avevano armi, e i documenti di cui erano im possesso erano falsificati. Indagini in corso per comprendere di chi fossero le identità fittizie da loro usate e anche sui proprietari e gli affittuari della villetta, per scoprire la rete di connivenze che ha alimentato la loro latitanza. Sequestrati anche telefoni cellulari in uso ai due, con schede sulla cui intestazione sono pure in corso verifiche. Per gli investigatori, i due durante la latitanza sono rimasti ‘operativi’ nel clan, continuando a svolgere i loro ruoli di spessore.