Faida del Rione Traiano, cinque pentiti contro i clan in lotta

Faida del rione Traiano: sono cinque i collaboratori di giustizia che hanno ricostruito passaggio dopo passaggio tutte le fasi che hanno portato la Dda a chiedere l’arresto, poi rigettato, di tre capi protagonisti del nuovo scontro tra clan nella zona a Ovest di Napoli. Una battaglia tra pm e gip che si è protratta per due anni e che ha portato a due rigetti di misure cautelari e altrettante impugnazioni. Da una parte i magistrati che chiedono il fermo di Francesco Petrone, Giuseppe Lazzaro e Salvatore Basile per estorsione e camorra, dall’altra il giudice che nega questo arresto perché ritiene le prove poco pregnanti. C’è la de- nuncia della parte lesa, un giovane imprenditore, Francesco Pascarella, 31 anni, morto in un misterioso incidente strada due mesi dopo la sua denuncia, al quale il giudice non crede del tutto. E poi ci sono le di- chiarazioni dei collaboratori di giustizia: cinque in tutti e neanche questi sono bastati per trovare una prova certa che potesse portare in galera i tre. Due dei quali liberi. Queste le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia come riportate dal quotidiano Il Roma.

“L’estraneità ed il ruolo di Francesco Petrone detto “’o nano”, nato a Napoli il 27 settembre del 1976 nel clan Puccinelli sarebbe delineata dal collaboratore di giustizia Maurizio Ferraiuolo, esponente di rango della criminalità organizzata campana, la cui storia delinquenziale evolveva dal ruolo di capo dell’omonimo clan, radicato nel quartiere napoletano di Forcella, all’alleanza con la famiglia Mazzarella, che lo conduceva a condividere il controllo criminale di estese e fiorenti aree territoriali del centro di Napoli, tra le quali la zona della Maddalena, crocevia dei traffici illeciti in materia di estorsioni e di contraffazione dei capi di abbigliamento. E proprio in virtù del ruolo apicale ricoperto, Ferraiuolo vantava legami e rapporti con le famiglie delinquenziali operanti anche nel rione Traiano di Napoli, ricavandone puntuali elementi di conoscenza. Il verbale del 20 giugno del 2013 parla chiaro. Ecco cosa dice. “Ri- conosco la persona raffigurata nella foto numero venti come “’o nano”, la persona di cui ho parlato già. È il figliastro di Puccinelli e di Angela. Era lui che aveva comprato un chilo di erba da mio cugino Marco Boccia per il quale mi recai da Puccinelli per far saldare il debito. “’O nano” ha avuto più volte conflitti a fuoco con Rosario Scognamiglio. Prima del mondiale di calcio del 2006 sono anche dovuto intervenire per fermare lo Scognamiglio che lo voleva uccidere. Questo avvenne prima dell’arresto a Castelvolturno dello stesso Scognamiglio e di altri persone, tra le quali Bellopede, trovati in possesso di una pistola, se ben ricor- do, di piccolo calibro. “’O nano” rifornisce le piazze di stupefacenti. Sono in grado di indicare tutte le piazze rifornite dalle organizzazioni criminali di cui sto parlando. Il figlio di “’o nano” è fidanzato con la figlia di Giuseppe Ivone”.

L’altro collaboratore di giustizia che ha rotto il muro di omertà sulla zona del Rione Traiano è Alfredo Sartore, appartenente ai Mazzarella, clan radicato al centro di Napoli, e trasferitosi nel Rione Traiano a causa della decapitazione giudiziaria dell’organizzazione. Il 15 ottobre del 2012 parla della zona Occidentale. “Riconosco nella foto 20 una persona che fa parte del gruppo opposto ai Cutolo. È una persona di bassa statura ed è detto “’o nano”. È lo zio di Francesco ed ha poteri decisionali. È molto più magro rispetto alla foto che mi viene mostrata”. Si tratta anche in questo caso della foto che ritrae Francesco Petrone.

In merito alla posizione di Giuseppe Lazzaro detto “’o figlio do’ Pe’”, nato il 30 agosto del 1986, nelle fila del clan Puccinelli vanno evidenziate, in primo luogo, le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Antonio Ricciardi, addetto al settore degli stupefacenti, per conto dei capi del clan Marfella e Pesce, radicato nel quartiere napoletano di Pianura e confinante con quello del rione Traiano. Dal verbale del 28 dicembre del 2012 il pentito dice: “Allo stesso modo, la persona raffigurata nella fotografia numero 10, ha un viso conosciuto. Potrei averlo visto a casa dei fratelli Mele, ma non sono sicuro”. I pm allora riferiscono che si tratta di Giuseppe Lazzaro e allora Ricciardi integra. “Ora che ne ho sentito il nome, ho messo a fuoco. Si tratta del figlio di Gaetano Lazzaro. Questo ragazzo è uno dei reggenti del clan Puccinelli del Rione Traiano. Conosco il padre Gaetano Lazzaro in quanto era un affiliato al clan Grimaldi”.

Su analogo crinale probatorio si collocano le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Maurizio Ferraiuolo, il quale, in sede di interrogatorio del 20 giugno del 2013, inquadrava Giuseppe Lazzaro nel contesto camorristico del Rione Traiano. Ferraiuolo, però, riferisce in ordine all’intraneità di Lazzaro al clan Cutolo, verosimilmente indotto in errore dai rapporti di pacifica convivenza e quasi di osmosi di tale clan con il clan Puccinelli, anch’esso radicato ed operante al Rione Traiano. Il 20 giugno del 2013 Ferra- iuolo dice: “Riconosco nella foto una persona della zona della 44 ap- partenente ai Cutolo ma non ri- cordo il nome. Era presente anche il giorno in cui fui inseguito sulla Tangenziale”.

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