“Avevo deciso di uccidere Pietro Esposito perche’ aveva osato sfidarmi, aveva organizzato una ‘stesa’ (et non ‘spesa’ come erroneamente trascritto in precedenza, ndr.) nel mio quartiere (Miano, ndr.) quando ero stato scarcerato e diceva in giro che io non dovevo comandare il rione Sanita’ perche’ ero un drogato. Cosi’ decisi di eliminarlo”. Cosi’ Carlo Lo Russo, boss dell’omonimo clan di Napoli, arrestato qualche mese fa e diventato un collaboratore di giustizia, si confessa mandante dell’omicidio di Pietro Esposito, avvenuto il 14 novembre 2015 al rione Sanita’. Grazie alle sue dichiarazioni sono state arrestate tre persone, i sicari dell’agguato.”A settembre del 2015 mi svegliarono due dei miei affiliati e mi dissero che Pierino Esposito era venuto a Miano insieme al suo gruppo a fare una ‘stesa’ e a minacciarmi – continua il boss, parlando con i pm – assieme a Walter Mallo e ai ‘barbuti’ dicevano che io ero un drogato e che non non avevo potere alla Sanita'”. E aggiunge: “Diedi cosi’ l’incarico a Luigi Cutarelli e a Ciro Perfetto e consegnai loro una calibro 45 dicendo che avrebbero dovuto ucciderlo con quella pistola”. Subito dopo l’omicidio i due killer, entrambi ventenni, lo avvisarono che tutto era stato compiuto e da quel giorno Cutarelli fu soprannominato “il tumore, perche’ era maligno”. Per l’omicidio furono pagati 500 euro a testa ai due componenti del commando di fuoco e 500 euro furono regalati anche a Rosario De Stefano, che invece aveva dato appoggio logistico ai due killer fornendo una casa alla Sanita’ dove sono rimasti per due giorni e poi aveva fatto uno squillo al cellulare di Cutarelli quando aveva visto in strada la vittima. “Di De Stefano mi potevo fidare perche’ provava astio verso Esposito in quanto gli chiedeva il pizzo per le rapine”. Le dichiarazioni del capocosca collaboratore di giustizia sono allegate alla misura cautelare emessa dal gip Francesca Ferri.
E’ stata preceduta da agguati a colpi d’arma da fuoco che hanno coinvolto innocenti la guerra nel rione Sanità tra il clan Lo Russo, capeggiato da Carlo Lo Russo (ora collaboratore di giustizia), e il gruppo camorristico Esposito-Genidoni, guidato dal boss Pietro Esposito, detto Pierino, ucciso il 14 novembre del 2015. Ed oggi la Squadra Mobile ha arrestato tre persone ritenute coinvolte nell’assassinio di Pierino: Ciro Perfetto, Luigi Cutarelli e di Rosario De Stefano. Quell’omicidio – deciso dai vertici dei Lo Russo per bloccare l’espansione di Esposito – ha dato la stura a una serie di attentati a colpi di pistola (stese e agguati), che nel Rione Sanità di NAPOLI sono culminati nella cosiddetta strage delle Fontanelle, non lontano dallo storico museo “delle capuzzelle”, durante la quale vennero uccisi due componenti della famiglia Vastarella (ritenuta vicina al clan Lo Russo), e feriti altri tre giovani del clan, all’interno del circolo dell’associazione “Maria Santissima dell’Arco”. Nello scontro armato tra il clan Lo Russo, storicamente egemone nel Rione Sanità, e il gruppo camorristico emergente degli Esposito-Genidoni, potrebbe essere inserito anche la morte di Genny Cesarano ucciso a 17 anni, nel 2015, agli inizi di settembre, sempre durante un raid. Anche l’agguato del novembre del 2015, che costò la vita a Pierino Esposito, coinvolse un innocente: Giovanni Catena, 29 anni, dipendente di un pub, finito sulla linea di tiro dei sicari mentre stava portando alcune buste di spazzatura in un cassonetto. La strage delle Fontanelle, secondo gli investigatori, sarebbe stata ordinata proprio in risposta all’uccisione di Pierino: una risposta a colpi d’arma da fuoco decisa a Milano, dove era ai domiciliari, da Antonio Genidoni, figliastro di Pierino, arrestato dalla Squadra Mobile di NAPOLI lo scorso 9 maggio insieme con la moglie Vincenza Esposito, la madre, Addolorata Spina (moglie del boss Pietro Esposito), ed Emanuele Esposito, quest’ultimo figlio e fratello di Giuseppe e Filippo Esposito, rispettivamente di 57 e 30 anni, estranei alla camorra e ammazzati per ritorsione in un agguato a colpi di revolver, lo scorso 7 maggio, in un’autofficina di Marano.