La “Paranza dei Bimbi” di Forcella voleva uccidere un ragazzo di 14 anni perché aveva accoltellato una persona a loro cara e per questo andava punito. Lo sconvolgente retroscena è contenuto nelle motivazioni della sentenza emessa dal giudice Nicola Quatrano del Tribunale di napoli che lo scorso mesi di giugno ha condannato complessivamente a 451 anni di carcere una quarantina di capi e affiliati ai gruppi Amarante-Brunetti-Giuliano-Sibillo che negli ultimi anni hanno insaguinato le strade del centro storico di Napoli. La notizia viene pubblicata stamane su Il Corriere del Mezzogiorno con un’articolo a firma di Titti Beneduce. È l’una di notte del 29 gennaio 2014 e in un appartamento di vico Carbonari 20, a Forcella, un gruppo di giovanissimi camorristi progetta di uccidere un rivale ancora più giovane: si chiama Mattia C., ha appena 14 anni e dev’essere punito perché ha accoltellato una persona. La lunga intercettazione ambientale è stata considerata estremamente importante dal gup Nicola Quatrano, che nelle motivazioni della sentenza, recentemente depositate, si sofferma a lungo sulle sconvolgenti affermazioni dei giovanissimi camorristi (tra cui i fratelli Pasquale ed Emanuele Sibilio e molti rampolli della famiglia Giuliano). I presenti spiegano come si comporta Mattia.
Emanuele: «Questo si fa un giro no? A caso, si fa un giro, ac chiappa ad uno di noi; questo per il momento spara».
Guglielmo: «Bravo».
Emanuele: «Un criaturo ti ha buttato a terra… E ti pare una cosa bella che, per dire, ti pare una cosa bella che colpa di un guaglione di 14 anni dobbiamo stare qua sopra?».
Nico: «Non è una cosa bella, questa è la confidenza».
Ciro: «Guagliu’, io e Manuele siamo passati da là e lui non ci ha visto proprio… È capace che bell e buon’ piglia…».
Emanuele: «E stai sicuro che si ti acchiappava e si impressio nava quello cominciava a sparare».
Ciro: «Però non ci ha visto perché loro ci hanno avvisato a noi, le creature».
La madre e la sorella di Mattia hanno intùito che i Giuliano e i Sibilio vogliono fare del male al ragazzo: sono andate in lacrime a supplicarli. Questo è il motivo per cui non possono sparare loro direttamente al ragazzo, ma preferiscono affidare l’incombenza ad altri.
Guglielmo: «Se lo pigliate voi vi regalo io una cosa, vi faccio io un regalo da fuori mano; non lo facciamo noi perché tiene 14 anni. Non ci permettiamo proprio noi, no, perché fino a ieri è venuta la mamma a piangere qua, la mamma, la sorella, hai capito che fa prima fa i guai poi viene a piangere».
Guglielmo junior: «Poi ti di spiace, c’è pure perché poi… poi quando vedi a lui…».
Guglielmo: «E ti dispiace… E dispiace, quello tiene 14 anni, sempre te la butta la botta non è che non te la butta, ti dispiace 0 non ti dispiace».
Mattia dunque deve morire. Non solo: va punito anche chi è insieme con lui.
Guglielmo: «E scendi a piedi, quello è la meglio cosa quando scendi a piedi… Quello è un attimo, quello così è, davanti ed indietro, davanti ed indietro, davanti ed indietro, bello e buono ti trovi le botte dietro alla schiena… In testa; non devi pigliare solo a lui, piglia pure que gli altri là, tutti quanti, piglia a tutta la paranza».
L’agguato viene tentato il 12 febbraio successivo, ma fallisce: Mattia si salva, un passante viene ferito in modo lieve. I giovanissimi boss di vico Carbonari, sottolinea nelle motivazioni il gup, non hanno niente a che vedere con i loro genitori e nonni: «Perfino il look si distingue da quello del classico camorrista e assomiglia piuttosto ai modelli che i media sociali hanno reso virali in tutte le periferie del globo, quelli delle gang giovanili 0 dei cartelli sudamericani della droga. Modelli e stili di comporta mento che hanno preso qualco sa anche dall’emergere impetuoso dell’estremismo islamico, sebbene si tratti di una influenza che si è manifestata solo nel l’aspetto esteriore (diversi imputati per un certo periodo hanno esibito una folta barba alla talebana), non certo sul terreno dell’ideologia e della religione. Frutto anche questo, probabilmente, del lavoro dei media sociali, seppure non possa forse escludersi un qualche filo più sottile ed esistenziale, che lega i giovani che scorrono in armi nelle vie del centro storico di Napoli (le “ stese”), per uccideree farsi uccidere, e i militanti del jihad. Entrambi sono ossessionati dalla morte, forse la amano, probabilmente la cercano, quasi fosse l’unica chance per dare un senso alla propria vita e per vivere in eterno».