L’inchiesta di Caserta, il gip: “Il mercimonio delle commesse pubbliche”. Tutte le accuse

Un “vero e proprio mercimonio di commesse pubbliche” a fronte della “corresponsione di denaro e altre utilità illecite” ad amministratori e funzionari pubblici. Così la Procura di Santa Maria Capua Vetere definisce quanto scoperto nell’inchiesta culminata oggi nell’esecuzione di 20 misure cautelari. Secondo i pm sammaritani, i destinatari dell’ordinanza, grazie alla posizione ricoperta all’interno delle pubbliche amministrazioni interessate, avrebbero pilotato l’aggiudicazione di numerosi appalti a vantaggio del gruppo Termotetti, colosso imprenditoriale operante in vari settori e in varie regioni d’Italia, “il cui dominus – spiega la Procura – si identifica nell’imprenditore originario di San Potito Sannitico, Luigi Imperadore”. I reati ipotizzati sono turbata libertà degli incanti, corruzione di pubblici ufficiali per atti contrari ai loro doveri d’ufficio, tutti compiuti “nell’interesse o comunque a vantaggio della Termotetti”. Sotto la lente d’ingrandimento della Procura le gare d’appalto per l’affidamento del servizio di igiene urbana che la Termotetti è riuscita ad aggiudicarsi tra il 2013 e il 2015, nonché altre commesse pubbliche relative al settore del ciclo integrato dei rifiuti, nei Comuni di Alvignano, Piedimonte Matese e Casagiove.

Viene definita dagli inquirenti un’associazione a delinquere che aveva come obiettivo condizionare gli affidamenti degli appalti per la gestione del ciclo integrato dei rifiuti, corrompere pubblici ufficiali e truffare gli enti quella venuta alla luce nell’ambito delle indagini dei carabinieri del comando provinciale di Caserta e della Guardia di Finanza che oggi ha portato tredici persone in carcere e altre sette ai domiciliari, tra politici e noti imprenditori della zona. Tra i reati contestati figura anche l’abuso d’ufficio. Complessivamente gli indagati sono 35, ma le misure cautelari riguardano venti persone. In carcere sono finiti, tra gli altri, il presidente della Provincia di Caserta, Angelo Di Costanzo (per fatti risalenti a quando era sindaco di Alvignano); l’assessore all’ambiente di Alvignano, Luigi Simone Giannetti; Vincenzo Cappello, sindaco di Piedimonte Matese; il presidente del Consorzio di Bonifica Sarno-Alifano, Pietro Andrea Cappella; Luigi Imperadore, imprenditore titolare della “Termotetti”; Francesco Iavazzi, titolare dell’azienda Impresud. Ai domiciliari sono finite sette persone, tra cui l’ex sindaco di Casagiove (Caserta) Elpidio Russo.

– Le trentacinque persone indagate nell’ambito dell’indagini sull’affidamento di appalti per la gestione del ciclo dei rifiuti in diversi comuni del Casertano – venti delle quali sono state arrestate – secondo gli investigatori avrebbero agevolato la Termotetti S.a.s e altre società riconducibili allo stesso gruppo che opera in vari settori e in varie regioni italiane. L’azienda – riconducibile a Luigi Imperadore, imprenditore di San Potito Sannitico (Caserta) – si è aggiudicata, tra il 2013 e il 2015, gare di appalto per il servizio di igiene urbana ad Alvignano, Piedimonte Matese e Casagiove. Il tutto concedendo “utilità” a pubblici funzionari. Al Consorzio Stabile Sannio Appalti si è aggiudicato, con le stesse modalità, l’appalto dei lavori al lotto di Presenzano I presso il Consorzio di Bonifica del Sannio Alifano, diretto da Pietro Andrea Cappella, che figura tra le venti persone arrestate.

Nell’ambito dell’inchiesta della Procura di Santa Maria Capua Vetere è stato disposto, oltre al provvedimento cautelare per venti indagati, anche il sequestro di beni per oltre un milione e mezzo di euro. I pubblici ministeri titolari del fascicolo hanno ricostruito i dettagli di quello che è stato definito “un vero e proprio mercimonio di commesse pubbliche”, gare d’appalto truccate in cambio di soldi e utilità varie (soprattutto assunzioni in ditte amiche, buoni benzina ecc). Gli imprenditori si aggiudicavano gli appalti nel delicato e redditizio settore della raccolta, conferimento, trattamento e smaltimento dei rifiuti e gli amministratori e funzionari pubblici indagati li avrebbero agevolati in cambio di denaro, favori o regalie. Sotto i riflettori, in particolare, le gare aggiudicate dalla Termotetti sas tra il 2013 e il 2015 nei comuni di Alvignano, Piedimonte Matese e Casagiove e quelle del Consorzio stabile Sannio appalti per i lavori al lotto Presenzano. Amara la considerazione degli inquirenti: “Sebbene l’attività investigativa abbia avuto ad oggetto le commesse pubbliche affidate alle società del gruppo Termotetti, in realtà è l’intero sistema di aggiudicazione degli appalti relativi alla gestione del cosiddetto ciclo integrato dei rifiuti che, nella provincia di Caserta, è caratterizzato da dinamiche profondamente illecite e penalmente rilevanti”. Le indagini svolte da carabinieri e guardia di finanza si sono avvalse di intercettazioni e delle dichiarazioni di numerosi imprenditori del settore che hanno descritto tutte le molteplici modalità di contaminazione delle procedure a evidenza pubblica e degli affidamenti diretti, e le clausole contrattuali in grado di offrire all’imprenditore designato per l’aggiudicazione i più ampi margini di redditività dell’appalto e soprattutto tutte le molteplici utilità oggetto di tangenti a vantaggio di amministratori e funzionari pubblici accusati di essersi lasciati corrompere.

La contaminazione delle procedure di assegnazione degli appalti nel settore del ciclo integrato dei rifiuti, in territorio casertano, avveniva in due fasi secondo quel che è emerso dall’indagine della Procura di Santa Maria Capua Vetere che coinvolge, tra gli altri, il presidente della Provincia di Caserta Angelo Di Costanzo. La prima fase della turbativa avrebbe riguardato il confezionamento di un bando perfettamente calzante con le caratteristiche della ditta scelta per l’aggiudicazione dei lavori, “in modo da creare dei veri e propri abiti su misura” sottolineano gli inquirenti e il tutto “con la connivenza degli amministratori e dei funzionari pubblici direttamente coinvolti nelle procedure stesse o comunque collocati ai vertici delle amministrazioni comunali”. Ed è accaduto, inoltre, che l’impresa designata facesse in modo che la procedura ad evidenza pubblica venisse aggiudicata anziché con il criterio del massimo ribasso, con quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa. In questo secondo caso, i disciplinari redatti dai tecnici dell’impresa favorita avrebbero indicato criteri tali da dare “ampia discrezionalità ai componenti delle commissioni” che si occupavano dell’assegnazione dei punteggi di gara. Nella seconda fase della turbativa, invece, si fa riferimento alla nomina della commissione aggiudicatrice, composta – secondo l’accusa – in gran parte se non per la totalità dei suoi componenti, da persone a conoscenza del meccanismo illecito, tanto da spingere gli inquirenti a definire i commissari nominati “veri e propri vigilantes dell’illegalità”. Secondo la Procura di Santa Maria Capua Vetere, i commissari avrebbero avuto il “fondamentale compito di preservare l’impresa designata da qualsiasi deviazione rispetto all’iter procedurale prestabilito attraverso la predisposizione degli atti di gara su misura”, un ruolo rivestito sia nell’ambito delle gare presso i Comuni, sia in occasione delle gare demandate alla Centrale di committenza proprio per garantirne la trasparenza, la cosiddetta Sua (che si occupa di contratti pubblici per la realizzazione di lavori, acquisizione di forniture o prestazione di servizi). L’organo di vigilanza regionale sarebbe stato condizionato in provincia di Caserta proprio grazie alla nomina delle commissioni. “Almeno nella provincia di Caserta il funzionamento della Sua è stato negativo” dicono i pm ipotizzando un sistema illecito collaudato e accordi di cartello tra le maggiori società operanti nel settore dei rifiuti le quali, per evitare di entrare in conflitto nelle varie procedure, avrebbero preferito stringere un patto di spartizione del territorio, operando in regime di oligopolio nei comuni a sud e a nord del fiume Volturno. Soldi, assunzioni, persino buoni benzina sarebbero stati utilizzati come compenso per corrompere pubblici ufficiali e condizionare le gare.

 

 


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