“Mercanti di morte”, o “meschini professionisti della violenza” che “pugnalano Napoli alle spalle”. Li ha definiti così il cardinale Crescenzio Sepe, arcivescovo di Napoli, i camorristi che insanguinano le strade di Napoli e della provincia. Lo ha fatto dall’altare del Duomo di Napoli nell’omelia in occasione della festività di San Gennaro, quando la comunità dei fedeli è tutta raccolta per celebrare il Santo patrono della città e dell’intera regione, ma di camorra aveva parlato anche alcuni giorni prima, nel corso di un convegno organizzato da Ucsi Campania, spiegando che “se di fronte a questi mali chiudiamo gli occhi, la città diventa una pagina morta”, un “punto a cui non segue nessun ‘a capo'”. Interventi costanti da parte della massima autorità religiosa a Napoli, resi necessari dall’acuirsi dell’emergenza criminalità negli ultimi mesi. Clan decapitati e tanti latitanti catturati, frutto della costante e decisa azione di magistratura e forze dell’ordine, hanno provocato anche vuoti di potere che fanno gola alle nuove leve. Al contesto della criminalità organizzata va a sovrapporsi poi un elenco, ancora troppo lungo, di fatti di sangue come l’ultimo in ordine di tempo, la scorsa notte a Caivano: qui, nel piccolo comune al confine con la provincia di Caserta, un 30enne, Nunzio Montesano, è stato ferito da colpi di arma da fuoco da un uomo a volto coperto e a bordo di una moto guidata da un complice, mentre si trovava in via Marzano. Trasportato in ospedale, non è in pericolo di vita.
Sabato 17 settembre, appena due giorni prima della festa di San Gennaro e dell’omelia del cardinale Sepe, l’episodio che più ha fatto discutere per la dinamica con la quale è avvenuto: il ferimento di Amalia Sepe, 57 anni, in via don Guanella nel quartiere Scampia a Napoli. La donna era andata a fare la spesa con il nipotino quando, avvicinandosi alla porta del suo appartamento al piano terra, uno dei cosiddetti “bassi” napoletani, sono intervenute due persone. Uno dei due le ha puntato una pistola alla tempia, mentre l’altro le ha tolto il bimbo dalle braccia, costringendo Giuseppe Telese, 33enne pregiudicato, figlio di Amalia Sepe e padre del bimbo che la donna aveva con sé, a uscire dall’abitazione. Dopo aver realizzato che era lui il vero obiettivo dell’agguato, Amalia Sepe gli ha fatto da scudo venendo ferita da colpi di arma da fuoco all’addome. Trasportata da personale del 118 all’ospedale Cardarelli, è stata sottoposta a intervento chirurgico e non è in pericolo di vita. Il figlio ha riportato solo una lieve ferita a una coscia, mentre il bambino è rimasto illeso. Anche se inizialmente si era pensato a un episodio legato a frizioni tra clan camorristici, gli investigatori tendono ora a considerarlo legato a vicende personali.
E’ stata invece battuta sin da subito la strada dell’agguato di camorra per l’omicidio di Giuseppe Guazzo, 38enne considerato vicino al clan Lo Russo, ucciso la sera del 15 settembre. Guazzo è morto al Cardarelli, dove era stato trasportato dopo essere stato ferito con numerosi colpi di arma da fuoco in via Ansaldo, nel quartiere Chiaiano, a poca distanza dalla sua abitazione. Nel corso delle prime indagini e dei sopralluoghi effettuati dai Carabinieri subito dopo l’agguato, i militari hanno trovato due pistole semiautomatiche, un revolver con matricola abrasa, 78 cartucce, 200 grammi di cocaina, 30 di hashish, 25 di eroina e due bilancini di precisione, il tutto nella scala dell’isolato 6 di Cupa Spinelli, dove abitava la vittima. Dalla zona nord del capoluogo alla zona occidentale della provincia napoletana, nella fattispecie Giugliano in Campania. Qui, lo scorso 7 settembre, è stato ucciso Luigi Mattera, 43 anni, incensurato ma, secondo gli investigatori, vicino al clan Longobardi-Beneduce attivo nella zona di Pozzuoli. Mattera è stato raggiunto da diversi colpi di arma da fuoco mentre era alla guida della sua auto, una Lancia Y, in via Carrafiello, località Varcaturo.
Dopo gli spari, l’auto si è scontrata con un’altra vettura in transito, il cui guidatore è rimasto incolume. Un episodio avvenuto nel giorno dell’insediamento al Comando provinciale dei Carabinieri di Napoli del neo comandante Ubaldo Del Monaco, che non ha esitato a definirlo “un battesimo di fuoco” e “un segnale indicatore” della complessità dell’incarico assunto. Si torna a nord di Napoli, ad Afragola, per l’omicidio avvenuto il 2 settembre e che sembra porsi esattamente a metà strada tra criminalità comune e criminalità organizzata. La vittima dell’agguato è Antonio Cacace, 43 anni, precedenti per associazione a delinquere, estorsione e furto. Cacace è stato raggiunto da diversi colpi di arma da fuoco mentre era a bordo di uno scooter in via don Bosco, poco prima di mezzanotte. Trasportato all’ospedale di Frattamaggiore, è deceduto poco dopo a causa delle gravissime ferite riportate. Quando è stato colpito, Cacace stava trasportando circa 40 dosi di cocaina, nascosta all’interno degli slip. Secondo una prima ipotesi della Polizia di Stato chiamata a indagare su quanto accaduto, l’uomo aveva probabilmente deciso di intraprendere la “carriera” di pusher consegnando la droga a domicilio, una decisione che potrebbe aver causato malumori in ambienti criminali.