In arrivo i primi avvisi di garanzia per la morte di Joao (Giovanni) Agostinho do Nascimento, il 60enne originario di Capo Verde ma oltre 30 anni abitanti a Napoli ai Quartieri Spagnoli morto due giorni fa al Cardarelli dopo che al Vecchio Pellegrini non si erano accorti che l’uomo aveva la colonna vertebrale spezzata a seguito della rovinosa caduta causata dal cedimento di una ringhiera metallica apposta dal Comune di Napoli tra vico Spezzano e via Montesanto. Una vera odissea la sua durata oltre 24 ore fino alla morte. All’ospedale Vecchio pellegrini il direttore sanitario Giuseppe Russo ha già disposto un’indagine interna per capire cosa sia accuto durante la degenza della povera vittima. Intanto a spiegare le condizioni di salute dell’uomo ci ha pensato Franco Catena, dirigente della Neurochirurgia del Cardarelli che al Mattino ha raccontato una situazione agghiacciante: “Il paziente è giunto al nostro pronto soccorso in ambulanza (ma non del 118, bensì trasferito dal Vecchio Pellegrini). Sono stato chiamato in urgenza dal mio reparto in consulenza. Avvedutomi subito della grave sintomatologia, consistente nella paraplegia degli arti inferiori e nella paresi pressoché totale di quelli superiori (muoveva appena un solo arto), ho chiesto una Risonanza magnetica da cui è emerso un quadro clinico drammatico. Il paziente aveva il midollo spinale tranciato a livello della sesta e settima vertebra cervicale mentre i due monconi della colonna vertebrale erano distanti diversi centimetri l’uno dall’altro e traslati verso i lati. Una lesione gravissima, quasi incompatibile con la vita. Nella mia carriera non ricordo una lesione così estesa. Dopo aver visto la Risonanza con i miei colleghi ci siamo subito attivati per mettere in trazione la colonna vertebrale e riallinearla”. Una manovra necessaria per consentire la successiva stabilizzazione ossea con viti e perni di sintesi che allo stato era impossibile fissare. A causa del trauma si era infatti venuto a creare l’allontanamento dei monconi della colonna. «Anche se il midollo era francamente lesionato e non più recuperabile -continua Catena – dovevamo avvicinare i due tronchi ossei che erano traslati e disallineati, per cercare di ricongiungerli. Pertanto come da prassi abbiamo utilizzato un arco transcheletrico, applicato con due viti alla zona parietale del capo che mettesse in trazione la testa verso il basso e che, grazie a dei pesi, consentisse pian piano il riallineamento della parte ossea». Una manovra preliminare alla stabilizzazione vertebrale vera e propria da fare dopo alcuni giorni. «Purtroppo i due monconi erano a distanza enorme. Per farlo stare in piedi dovevamo però tentare almeno di rimettere in asse la colonna, il che avrebbe consentito la sintesi con viti e la formazione del callo osseo». Ovviamente il danno al midollo spinale era massiccio e probabilmente irreversibile. In questi casi, secondo il racconto dei sanitari, l’edema, ossia il liquido da infiammazione che si forma, tende a salire verso la testa comprimendo i centri respiratori localizzati al confine tra il cranio e il collo nel cosiddetto «bulbo». Un’evenienza comune quando la lesione è più alta, meno frequente quando sono interessate le vertebre al confine tra tratto cervicale e toracico. In questo caso, però, la lesione era talmente estesa da non aver dato scampo al paziente, poi morto effettivamente per arresto cardiorespiratorio ieri mattina. «L’ammalato era pienamente cosciente ricorda ancora il neurochirurgo del Cardarelli – si lamentava molto e parlava in portoghese ma era anche capace di esprimersi in italiano. Mi ha raccontato in maniera sommaria quanto era accaduto. Purtroppo aveva una lesione gravissima. Al suo fianco c’erano la moglie, la figlia e una sorella che esprimevano un dolore composto». Resta da chiarire in particolare, la dinamica della prima fase del ricovero del sessantenne capoverdiano, le modalità della sua sistemazione in barella (o su sedia a rotelle come riferito dai familiari), e soprattutto se sia stata utilizzata, come è obbligatorio in questi casi, una lettiga cosiddetta «spinale», ossia dotata di un supporto in grado di limitare i danni alla colonna e di conseguenza al midollo spinale, la delicata parte nervosa presente all’interno del canale vertebrale la cui lesione è irreversibile. Ieri, in serata, il direttore sanitario Franco Paradiso del Cardarelli ha confermato che la morte è intervenuta per arresto cardio-respiratorio nella mattina di mercoledì 21 con il successivo trasferimento della salma al vicino policlinico per l’autopsia.