Omicidio Vassallo, un’inchiesta che dura da sei anni e un unico indagato: il brasiliano

Pollice. Il movente c’è: è la droga. Un assassino non c’è ancora. Sei anni passati tra intercettazioni, indagini, testimonianza e piccole battute d’arresto. L’omicidio di Angelo Vassallo è ancora un caso irrisolto. Col tempo elementi si aggiungono ad elementi, ma manca sempre quella prova decisiva che metta un punto fermo. Un unico indagato ufficiale: Bruno Humberto Damiani, il brasiliano. Tre persone iscritte nel registro degli indagati di cui non si conosce il nome. Mille tracce per arrivare ad una soluzione che sei anni dopo non c’è ancora. A fine luglio, il Procuratore nazionale Antimafia Franco Roberti, che ha sempre seguito da vicino le evoluzioni sul caso Vassallo aveva dato nuovi segni di speranza: “Stiamo analizzando altri dettagli e verificando nuove tracce. Non molleremo fin quando non assicureremo l’assassino alla giustizia” aveva detto. Damiani, dopo l’estradizione da Bogotà, è stato interrogato tre volte dal sostituto procuratore Rosa Volpe che – dopo il trasferimento a Napoli – continua a lavorare sul caso Vassallo. Il ‘brasiliano’ nega di essere l’assassino ma conferma alcune delle sue amicizie e interessi nel Cilento. A conferma di un suo coinvolgimento nell’omicidio – secondo gli inquirenti – vi sono delle intercettazioni di colloqui con i familiari nel carcere di Bogotà. E poi, il movente. La droga. Damiani, nei giorni precedenti e successivi all’omicidio avrebbe avuto rapporti con due napoletani di Sconsigliano ritenuti i grossisti dello stupefacente che Bruno Damiani acquistava per alimentare la piazza di spaccio di Acciaroli, quella che Angelo Vassallo voleva bloccare. I documenti della Dda parlano di contatti frequenti che tra il 4 e il 7 settembre del 2010 Damiani avrebbe intrattenuto con i due trafficanti di droga di Secondigliano, incontri a cui avrebbero partecipato anche due albergatori di Acciaroli. La prima di queste riunioni, il 4 settembre, si era tenuta a Secondigliano; le altre, a poche ore dall’omicidio, si erano svolte al centro di Salerno e al porticciolo di Agnone, frazione di Montecorice. E proprio da Agnone, secondo una testimonianza agli atti del fascicolo, era solito partire un gommone che da località San Nicola portava la droga sul molo di Acciaroli, divenuta piazza fiorente per un giro di spaccio di cui il “brasiliano” sarebbe stato il referente principale. Ad Agnone si concentrarono per giorni le ricerche dei carabinieri per ritrovare la pistola utilizzata per l’omicidio di Angeo Vassallo. Nelle acque del porto sarebbe stata buttata l’arma del delitto. Ma quella pistola non uscì mai.

La vita di Bruno Damiani, in questi anni è stata passata al setaccio. Il brasiliano arrestato per spaccio di stupefacenti proprio tra i comuni di Pollica e Ascea, insieme a dei complici locali e napoletani, però finora è stato solo sfiorato dall’accusa di omicidio. Vassallo nel 2010 era deciso a fermare lo spaccio di droga, c’era un coinvolgimento istituzionale, emotivo ma anche familiare, visto che l’allora fidanzato della figlia, Francesco Avallone, era nel giro. Proprio Avallone rivela agli inquirenti le intenzioni di Vassallo di porre fine a quel traffico e racconta dell’accoltellamento di Damiani in una discoteca di Acciaroli. Ad assistere il brasiliano in ospedale c’era un albergatore di Acciaroli, Giovanni Vassallo, di cui era amico. Damiani conferma la circostanza e non nega l’amicizia con Giovanni Vassallo e i figli Roberto e Angelo. Ma nega i suoi contatti con i grossisti di droga di Sconsigliano. L’inchiesta, negli ultimi mesi, si è arricchita anche delle rivelazioni di Alfonso Loreto, figlio di pasquale, il neo pentito della camorra scafatese. Anche le dichiarazioni sono agli atti dell’inchiesta che non è ancora arrivata ad una svolta.


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