“Le tangenti che ho dovuto sborsare nel tempo ai membri del clan Puccinelli per poter svolgere la mia attività nell’ambito delle agenzie di scommesse sportive e gestione di slot machine, hanno avuto importi differenti con somme variabili tra i 500, gli 800 fino ad arrivare a 5mila euro al mese che attualmente pago da circa 5 anni. Il primo contatto estorsivo ha avuto origine nel 2008 quando il gruppo malavitoso da me indicato era retto da Davide Leone. Un giorno, mi sembra nel mese di luglio di quell’anno, fui contattato presso la mia agenzia di via Livio Andronico, da un noto malvivente del posto, Biagio Scagliola, il quale proferì al mio indirizzo testuali sintetiche parole: “vieni dentro al parco San Paolo, ti va trovando Davide”. Considerato di conoscere lo Scagliola per uno degli uomini fidati di Davide Leone, in quella stessa serata mi recai al parco San Paolo”. Inizia così il lungo verbale di interrogatorio di Francesco Pascarella che il 26 febbraio del 2014 ha raccontato alle forze dell’ordine quello che stava subendo da anni. Ad aprile Pascarella è morto in un incidente stradale in via Caravaggio. Incidente che lo stesso pm dice essere «inquietante». la vicenda viene riporatata con dovizia di particolari dal quotidiano Il Roma che ha ricordato come lo socntro in atto tra la Dda di nNpoli e il gip che ha negato gli arresti in due circostanze negli ultimi mesi di personaggi di spicco dei clan in guerra al rione Traiano probabilmente avrebbe potutoeviatre la faida in corso in quei quartieri di Napoli e quindi i morti, i feriti e gli attentati che ci sono stati dall’inizio dell’anno ad oggi.
“La porta mi fu aperta da Giuseppe Lazzaro detto “’o figlio do Pe”, che mi accompagnò al cospetto di Davide Leone. Era con Francesco Petrone. Proprio Leone, al cospetto dei due, avanzò nei miei confronti una chiara richiesta estorsiva che, se onorata, mi avrebbe garantito di esple- tare con tutta tranquillità il mio esercizio. Mi dissero che in quel momento erano loro a comandare il Rione Traiano. Rispetto alle mie entrate pagavo cifre differenti ogni mese. All’inizio 500-800 euro». Poi le cose sono cambiante e sono cambiante quando Davide Leone è stato arrestato. «Iniziai a pagare a Francesco Petrone sempre alla fine di ogni mese. Ricordo che subito intimandomi che comunque nel rione a comandare erano rimasti sempre loro e che dovevo continuare a pagare facendo riferimento a Petrone. Questo gruppo mi ha imposto una cifra molto più alta che pagavo ogni mese e si aggirava intorno ai 5mila euro mensili. Pagavo oltre che a Francesco Petrone anche al figlio Salvatore, a tale “Paccone” e a Salvatore Basile detto “Cozzaca nera”.
L’ordine di pagare di più mi fu ordinato da Francesco Petrone, alla presenza di Giuseppe Lazzaro nella sua casa». Ci fu poi un momento di alta tensione e fu dato da un’irruzione all’interno del locale del gruppo di uomini. «Le condizioni per avere i soldi sono state sempre imposte con crudeltà e con efferatezza, tanto che nell’anno 2011, in un momento diindisponibilità da parte mia e del contestuale ritardo del pagamento mensile, personaggi al servizio di Francesco Petrone fecero irruzione nella mia agenzia danneggiandola internamente con l’utilizzo di mazze da baseball e spranghe. Ricordo che era il 17 settembre 2011 e che su posto intervennero i carabinieri. Io all’epoca, per timore di ritorsioni e per tutelare l’incolumità mia e della mia famiglia, quella dei miei collaboratori, dichiarai di non essere in grado di fornire dati utili circa l’identità dei responsabili». Ma lui quegli uomini li conosceva bene e sapeva anche il motivo per il quale gli avevano fatto quell’agguato. «Vi posso dire con assoluta certezza che taluni di essi si identificavano in Giuseppe Lazzaro, un ragazzo di colore. Da allora non ho avuto scelta che iniziare a pagare puntualmente. Pagavo si presso l’agenzia dove lavoravo, sia direttamente presso le abitazioni di Francesco Petrone e Giuseppe Lazzaro in via Orazio Coclite. A luglio fui anche costretto a com- prare a Giuseppe Lazzaro un oro- logio di marca Tudor del valore di 2.850 euro». Poi quando la camorra tira la corda, si sa, lo fa sempre perché è convita di poter avere quanto vuole e con Pascarella lo ha fatto per anni, fino ad arrivare al 22 febbraio del 2014. «Intorno alle 15 all’altezza del ne- gozio notai la presenza di Giu- seppe Lazzaro che alla mia vista mi intimò di seguirlo. Seguii la sua auto fino ad arrivare davanti ad un bar in viale Adriano. Qui Lazzaro, sceso dall’auto, avanzò ai miei danni una maggiore richiesta. Mi disse che dato che stavo installando macchinette da una parte e dall’altro della città doveva dare 10mila euro al mese. Io risposti che non potevo pagare quella cifra ma intorno alle 18 fui contattato da un mio dipendente che mi disse che erano venute quelle persone. Ma non si fermarono, andarono armati in un altro mio negozio e intimarono i miei dipendenti di uscire e chiusero l’esercizio commerciale». Queste dichiarazioni, non sono bastate al giudice per le indagini preliminari per arrestare le persone indicate dalla parte lesa per mancanza di riscontri esterni.