Scrive poesie e lunghe lettere i cui testi suonano come un grido di battaglia per l’eguaglianza dei carcerati, contro “l’ipocrisia e la demagogia dei politici illustri”. E’ Ferdinando Schlemmer, oggi ha 45 anni ed è uno dei 20 venti boss di mafia, camorra e ‘ndrangheta che sono arrivati da pochi giorni nel carcere cagliaritano di Uta dove si è scatenata la protesta dei politici locali contro la loro presenza. Ferdinando è un personaggio molto noto negli ambienti della camorra napoletana. Ha fatto parlare di se fin dal lontano 1984 quando aveva solo 13 anni, un ragazzino anch se già sapeva come muoversi. Era il mese di ottobre. “Me ne stavo lì al circolo. Un po’ chiacchieravo, un po’ giocavo quando sono entrati quei due nemmeno li ho notati. No, non li conoscevo, non erano del quartiere. Hanno chiesto “chi è il figlio do’ nennillo?”. Ho alzato la mano e risposto d’ istinto “sono io”. Quello allora ha tirato fuori la pistola e mi ha sparato”. Così raccontò agli investigatori quando si svegliò due giorni dopo il coma e una delicata operazione chirurgica che gli salvò la vita. Lui, figlio di Giacomo – alias “Nennillo” – doveva essere punito a colpi di pistola per aver offeso una donna mentre scorrazzava in moto per i vicoli del centro storico di Napoli. A maggio è stato condannato dalla corte di Appello di Napoli a 20 anni di reclusioninsieme con Raffaele Riccio ritenuti colpevoli dell’assassinio del cognato di Giuseppe Misso junior, Graziano Borrelli avvenuto il 23 febbraio 2006 all’interno di un circolo ricreativo di via Gabella. Erano gli anni della prima faida della Sanità tra gli “scissionisti” del boss ora pentito Salvatore Torino e i Misso. Erano anni di terrore visto che Torino aveva decretato: “Alla Sanità non restaranno più uomini vivi. Devono lasciare tutti la Sanità. Qui possono rimanere solo le donne”. Ferdinando Schlemmer fu uno dei protagonisti di quegli anni di piombo e ora invece scrive poesie in carcere. Ma a Cagliari a lui e tutti gli altri non li vogliono.