Trenta anni di carcere per il boss dei “Fransuà ” Alfonso Chierchia e per Salvatore Di Dato pregiudicato legato ai Birra-Iacomino di Ercolano. Sono accusati dell’omicidio di Aurelio Venditto, ammazzato 17 anni fa a Torre Annunziata perché affiliato ai rivali dei “bicchierini” del clan Limelli-Vangone. Per i due pentiti Franco Sannino e Aldo Del Lavale la condanna è stata di 14 anni ciascuno con il riconoscimento delle attenuanti previste per i collaboratori di giustizia. Il regolamento di conti era maturato nell’ambito della sanguinosa faida di camorra di Torre Annunziata proprio tra i Gionta-Chierchia e i Gallo-Limelli-Vangone. Alfonso «’a scigna» chiese il piacere ai Birra: servivano due killer in prestito per uccidere Venditto, figlio di Ernesto, elemento di spicco dei rivali. Li avrebbe ricompensati bene e loro accettarono. Erano le 15 e 30 del 28 febbraio 1999 quando i sicari entrarono in azione in vico del Fico a Torre Annunziata: una scarica di proiettili calibro 9×21 e 7,65 uccisero Venditto, e ferirono alla spalla Natale Russo, un altro pregiudicato che si fece medicare in ospedale solo a notte fonda. La vittima aveva in tasca una pistola carica con colpo in canna, che però non riuscì a estrarre, ma anche le chiavi dell’auto di Russo. Secondo il gup Paola Russo del tribunale di Napoli, la ricostruzione dell’accusa rappresentata in aula dal pm Sergio Ferrigno è attendibile: a sparare furono i killer ercolanesi Di Dato (che in parte ha confessato e chiesto scusa ai familiari) e Sannino, mentre Del Lavale partecipò alla fase organizzativa dell’agguato voluto da Chierchia, ritenuto il mandante dell’omicidio. Dopo l’omicidio, i due killer dei Birra-Iacomino si recarono a casa di Chierchia per ricevere la ricompensa: secondo i pentiti, Sannino accettò una fornitura di droga, mentre Di Dato fu pagato con un Rolex molto costoso per l’ottimo lavoro svolto.