I dubbi sulla morte del super boss Antonio Bardellino continuano a trenta anni di distanza dal presunto omicidio per mano di Mario Iovine. E da ieri dopo la risoluzione dell’ennesimo “cold case” della camorra ancora continua.  Il racconto fatto dal super boss ora pentito Antonio Iovine ‘o ninno dell’omicidio del vigile urbano di San Cipriano d’Aversa, Antonio Diana, ha “riaperto” il caso Bardellino dichiarato chiuso con la sentenza Spartacus. Il passaporto del vigile urbano tra i rottami di un aereo diretto a Santo Domingo e precipitato alle Azzorre usato da un fedelissimo per far visita alla compagna del boss che all’epoca vive a Santo Domingo è servito negli anni Ottanta agli uomini di Francesco Sandokan Schiavone di armare la mano del giovane Antonio Iovine per uccidere il “traditore” Diana. E oggi una rilettura del racconto di ‘ o ninno serve a rimettere tutto di nuovo in discussione. I magistrati della Dda  se da un lato sembrano convinti della morte del capo dei capi della camorra campana dall’altro non hanno mai smesso le ricerche sul suo tesoro e perchè eventualmente scoprire che Bardellino è ancora vivo.
 Del resto  che sia stato ucciso per davvero lo mette in dubbio uno dei suoi alleati storici, Tommaso Buscetta che, nel 1993, rispondendo a un magistrato dice: “Chi lo ha deciso che Bardellino è morto?”.E qualche tempo dopo, l’ex direttore del Sismi, Cesare Pucci,  in commissione Antimafia afferma che, senza prove, Bardellino “va considerato ancora in vita”. Nessuna prova dunque, perché il cadavere del capostipite dei Casalesi, alleato a Cosa Nostra, signore del traffico di droga e degli appalti manipolati a colpi di mazzette e di lupara, non è mai stato trovato. Di qui l’incertezza sulla sua scomparsa, fissata al 1988 dalla sentenza Spartacus. Negli anni Ottanta, Antonio Bardellino è un capo latitante e fa la bella vita in Sud America con i soldi del clan. È ricco al punto da frequentare ministri di diversi Paesi dell’America centrale e finanziare con la bellezza di cinque milioni di dollari la campagna elettorale di un politico dominicano candidato alle Presidenziali. Intanto, come racconta l’edizione di Caserta de Il Mattino, i suoi uomini, nel Casertano, si ammazzano e si affannano per manipolare le gare d’appalto per la ricostruzione post-terremoto, tenere lontani i reduci dei Cutoliani, interessati agli stessi affari, e a bada i siciliani, amici di don Antonio. Il malcontento monta, arma la mano di coloro che il capoclan crede amici. Ma Bardellino in Italia, dopo essere stato scarcerato e poi dichiarato latitante, non farà più ritorno. Il boss è di casa in Brasile, ma la sua vera base logistica è Santo Domingo. Tra le voci più importanti del suo bilancio c’è il traffico di cocaina. Bardellino ingrassa, i suoi uomini affogano nel sangue. È in questo contesto che matura la scelta dell’allora aspirante capoclan Francesco Sandokan Schiavone di fondare un suo cartello. Ed è in questo scenario che matura per l’appunto la fine, avvolta nel mistero, di Antonio Bardellino. Ufficialmente il padrino è morto ammazzato nel 1988, nella sia villa a Buzios, a Rio de Janeiro. A ucciderlo sarebbe stato Mario Iovine. Dopo l’agguato, il sicario spedito da Sandokan all’altro capo del mondo per eliminare il boss, telefona a Casal di Principe e comunica che «la missione è compiuta». Tra le ricostruzioni c’è quella di Iovine che bussa alla porta della villa impugnando una roncola, Bardellino che apre e si ritrova sotto una gragnuola di bastonate. Il boss, col cranio fracassato, sarebbe morto sotto gli occhi dei suoi domestici, marito e moglie originari di San Cipriano d’Aversa che poi si sarebbero occupati di ripulire il pavimento chiazzato di sangue. Quei due, benché identificati, non furono mai interrogati. Poco dopo, lo stesso Mario Iovine fu trovato morto, con un colpo di pistola in testa, dentro una cabina telefonica in Portogallo. Nella bara si è portato la verità sulla fine di Bardellino. Qualche anno dopo il presunto omicidio, alcuni pentiti indicano una spiaggia brasiliana come tomba del boss, ma quando si va a scavare in quel punto viene ritrovato il corpo di un uomo di colore. Misteri. Come quello che narra di un Antonio Bardellino con la fisionomia stravolta dalla chirurgia plastica, ancora vivo, chissà dove in America Latina.