Diede fuoco a Carla Caiazzo: chiesti 15 anni per l’ex compagno Paolo Pietropaolo

Napoli. Quindici anni di reclusione è la richiesta avanzata dai pm Raffaello Falcone e Clelia Mancuso nei confronti di Paolo Pietropaolo che ferì gravemente l’ex compagna Carla Caiazzo, che era incinta, dandole fuoco con della benzina il 1 febbraio scorso a Pozzuoli. La richiesta è stata formulata al termine della prima udienza del processo che si svolge con rito abbreviato davanti al gup del Tribunale di Napoli Egle Pilla. La richiesta di pena è ridotta di un terzo come prevede il rito abbreviato. La vittima non era in aula in quanto nei giorni scorsi è stata sottoposta ad nuovo nuovo intervento chirurgico. 

Pietropaolo è imputato di tentativo di omicidio, stalking, tentato procurato aborto (Carla era al momento dell’aggressione incinta e diede alla luce una bambina in ospedale). I magistrati hanno ricostruito in aula le varie fasi dell’aggressione: l’imputato con un pretesto invitò la compagna ad un appuntamento e l’aggredì prima con pugni e calci e successivamente le diede fuoco e dopo aver prelevato dalla propria auto una bottiglia contenente benzina e alcool. Il processo riprenderà il 27 ottobre con gli interventi delle parti civili.

 La vittima, che voleva essere presente in aula oggi, non ha potuto esserci perche’ martedi’ scorso ha subito un ennesimo delicato intervento, questa volta per la ricostruzione del naso. Pietropaolo otto mesi fa le diede appuntamento con un pretesto, la picchio’ e le diede fuoco dopo averle cosparso il capo e la parte superiore del busto con alcol etilico. Carla, che era incinta alle ultime settimane di gestazione, fu soccorsa da un vicino che le getto’ una coperta addosso e trasportata all’ospedale Cardarelli di Napoli, dove i medici fecero nascere la sua bimba con parto cesareo e poi la ricoverarono nel reparto grandi ustionati. La difesa, rappresentata dall’avvocato Gennaro Razzino punta su ridotte capacita’ di intendere e di volere di Pietropaolo, sottoposto a perizia di parte, documentazione presentata al giudice che dovra’ decidere se metterla agli atti o se disporre un’altra perizia. “Mio figlio non e’ un mostro. Ha sbagliato ed e’ giusto che paghi, ma non e’ un mostro”, dice la madre ai cronisti in lacrime davanti l’aula in cui si celebra l’udienza preliminare.


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