Il pentito: “Chi vuole diventare un guappo non può andare in discoteca”

“Per me chi vuole fare il guappo non deve andarsene la sera a ballare e creare problemi. Non si fanno le guerre di camorra tra clan per semplici litigi in di­scoteca, questi non sono boss”. Lo dice il pentito dei Quartieri Spagnoli, Maurio Overas, ex braccio destro di Marco Mariano, capo della cosca dei Picuozzi. Il verbale agli atti del processo contro il clan Contini è datato 12 luglio e Maurizio Overa traccia una sorta di quadro della situazione  tra i clan del centro di Napoli negli ultimi anni ma punta i syoi strali soprattutto contro Ettore Bosti “Ettoruccio ‘o russ”  fi­glio del boss Patrizio, cognato di Eduardo Contini ‘o romano e detenuto per camorra e per anni al vertice della famosa Alleanza di Secondigliano. Il giovane fu anche individuato dalle forze dell’ordine in una foto accanto a Genny De Tommaso  ’a carogna, capo ultras dei Mastiffs della Curva A, passato agli onori delle cronache dopo i tragici fatti di Roma, che portarono a maggio di due anni fa alla morte del tifoso del Napoli, Ciro Esposito. Non a caso il pentito ha spiegato ai magistrati della Dda: “Era irascibile, una testa calda .Di recente ci fu un litigio proprio tra ettore Bosti e un ragazzo dei Quartieri Spagnoli che secondo lui lo aveva preso in malo modo in discoteca. Ettore pretese da noi che glielo portassimo perché voleva picchiarlo ma noi ci ri­ fiutammo. Per sfogare la sua rabbia dunque chiese ad alcuni familiari di Mariano di consegnargli questo giovane ma il clan decise di non concedere questo sfizio a Bosti che voleva fare il guappo. Ma lui non si arrese. Ettoruccio riuscì ad avere questo ragazzo. Fu condotto al borgo San­t’Antonio con sua madre e Bo sti lo picchiò davanti alla don­na. Noi pensammo che questo fu un gesto vile». Tutti si aspet­tavano una reazione armata a questo affronto ma dato che Bosti rappresentava i Contini decidemmo di non intervenire per non far scoppiare una fai­da. Ettore Bosti non aveva la ca­ratura del padre Patrizio, il quale non si avrebbe mai crea­to rischi di guerra tra clan per litigi di basso profilo, da disco­teca”.


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