“Cari ragazzi da oggi mi chiamerete Cloe”. Erano bastate quelle parole, accompagnate da minigonna inguinale, unghie laccate e ombretto alle palpebre, a far sgranare gli occhi lo scorso novembre agli studenti dell’Istituto di agraria Scarpa-Mattei di San Donà di Piave. Di fronte non avevano più il loro insegnante di fisica, Luca Bianco, ma una prorompente docente con caschetto biondo-cenere. Ora a distanza di mesi il presidente del tribunale del lavoro di Venezia Luigi Peri- na ha stabilito che la sospensione di tre giorni inflitta al Prof per quelle parole è stata giusta perché l’outing in così breve tempo, senza preparare adeguatamente le scolaresche, non è stato “responsabile e corretto”. Lontano dal voler criticare una legittima scelta identitaria”, sognata da Bianco dall’età di 5 anni e diventata realtà solo dopo il passaggio di ruolo, il giudice contesta soprattutto le modalità dell’annuncio dato a decine di minori. “Se tempi e modi di tale scelta fossero stati attuati diversamente – scrive nel respingere il ricorso contro il provvedimento punitivo presentato dal docente e dal suo legale Marco Vorano – questa sarebbe stata “responsabile”, “corretta” e consona alla funzione di docente”. “Definire indecoroso l’abbigliamento di Luca Cloe Bianco è infondato e grave – aveva detto l’avvocato – perché trattasi di vestiti analoghi a quelli indossati dalle colleghe coetanee in uguali contesti. Quell’abbigliamento può essere o meno gradito, ma di certo non può essere definito indecoroso”. Il legale e la sua cliente prof avevano chiesto 10mila euro di danni.All’epoca della trasformazione in Cloe, a dirsi choccata per l’accaduto fu, in particolare, una studentessa che uscì piangendo dall’aula. Suo padre non perse tempo e scrisse all’assessore regionale all’Istruzione Elena Donazzan per raccontare quella che definì “una carnevalata”. “Nessuno era al corrente del fatto, i genitori non erano stati avvertiti, i docenti non ne sapevano nulla – accusò l’uomo – Ma davvero la scuola si è ridotta così?”. Oggi Donazzan si dichiara tutt’altro che pentita per aver sollecitato una ispezione nell’istituto, ritenendolo danneggiato da quel comportamento. “La scuola -rileva- è un luogo protetto e va preservato. Approvo la decisione del giudice e continuo a pensare che un insegnante debba essere coerente: se è maschio è maschio, se è femmina è femmina”. Nel frattempo, lontani almeno temporalmente gli echi dello scandalo, la prof di fisica sembra sempre più convinta della scelta, come testimoniano i post su Facebook, pieni di dettagli sulle conquiste quotidiane sul cammino della nuova identità. “Cloe. Il mio nome di elezione sulle bollette do- mestiche. Ormai la lista è quasi completa – riporta soddisfatta il 14 ottobre – Un’altra azienda esercente pubblici servizi di utenze domestiche ha accolto la mia richiesta di usare il nome di elezione sulle buste delle bollette e delle altre comunicazioni che mi inviano”. Ma i ragazzi insistono: “La cosa è stata compresa e subito accettata. Ma col passare del tempo però ha cominciato a infastidirci il modo discinto con cui la/il prof si è presentata/o in aula alla classe. Minigonne, scollature profonde e mini-abiti sgargianti. Non lo troviamo educativo”.